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(14/05/2019) A.S. Roma

Conferenza stampa di Daniele De Rossi: Da dirigente avrei rinnovato il contratto a uno come me

Daniele De Rossi, centrocampista e capitano della Roma, nella sua conferenza stampa d'addio ai colori giallorossi. Il calciatore al termine della stagione lascerà la Roma.
 
Presente tutta la squadra. De Rossi viene accolto dall'applauso di tutti i presenti.


Cambieresti qualcosa della tua carriera nella Roma? Faresti delle scelte diverse? "Riguardo episodi quotidiani, alcune frasi dette, alcune cose di campo, episodi spiacevoli che mi hanno visto protagonista, mi avete visto prendere dei cartellini rossi o cose del genere ma per quel che riguarda le mie scelte, la mia continuità, la mia decisione di rimanere per sempre fedele a questa squadra non tornerei indietro, non cambierei una virgola. Se avessi la bacchetta magica metterei qualche coppa nella mia bacheca ma questa non ce l'ha nessuna. Sono sereno di questa scelta, poi nel corso di tutti questi anni qualche errore è stato commesso ma sarebbe stato impossibile il contrario".
 
I tifosi non ti cambierebbero con una vittoria. Cosa significa per te? "E' semplicemente un dato di fatto. Lo hanno dimostrato in tanti anni, nel corso degli anni, nel corso di episodi più o meno positivi, di tenere veramente a me e come ho detto ho fatto la stessa scelta io perché non li ho cambiati per qualche ipotetica coppa, perché quando vai via non sai effettivamente se vinci, però ci sono stati 3-4 anni in cui ho avuto l'opportunità di andare in squadre che si ipotizzava potessero vincere più della Roma. Ci siamo scelti a vicenda e oggi sarebbe un dramma se io o loro dicessimo no "avrei preferito andare via e vincere di più" piuttosto che rimanere a vita con questi colori e loro potrebbero dire "si, che ci facciamo con De Rossi, poteva venire Iniesta e vincevamo di più". Insomma anche questo è un dato di fatto però lo stato attuale delle cose vede un grande amore che penso continuerà anche se sotto forme diverse. Non escludo che nei prossimi anni mi vedranno intrufolato, una cosa che non ho mai fatto in questi anni perché non mi piace farlo da calciatore, ma magari col panino e la birra mi troveranno in qualche settore ospiti a tifare i miei amici".
 
Il tuo futuro è già orientato verso qualche direzione? "Mi è stato comunicato ieri ma ho 36 anni, non sono scemo, sono uno che il mondo del calcio lo ha vissuto, avevo capito. Se nessuno ti chiama per un anno e dieci mesi neanche per ipotizzare un eventuale contratto, la direzione è quella e io ho sempre parlato poco, ho parlato poco quest'anno un po' perché non mi piace, un po' perché non c'era niente da dire, un po' perché non volevo creare rumore che potesse distrarre la squadra, i tifosi e tutti quanti. Riguardo al futuro ringrazio Guido per l'offerta e per come mi ha trattato in questi mesi. Volevo ringraziare anche Ricky Massara. La sensazione che ci fosse grande affetto e grande stima reciproca tra me e loro due era forte e la sensazione che magari si sarebbe potuto andare avanti per un anno o due da calciatore idem però queste sono decisioni che si prendono societariamente, globalmente. La società è divisa in più parti qui e sono cose che vanno rispettate, accettate e soprattutto io a Roma non posso fare diversamente, non posso uscire diversamente da questa maniera qui. Riguardo alle squadre qualcosa ho sentito, non ho voluto cercare e chiedere niente a nessuno proprio perché ero convinto che questa squadra potesse arrivare in Champions, adesso sembra molto difficile ma fino al pareggio di Genova ero convinto che questa squadra sarebbe arrivata in Champions, quindi non volevo distrarre anche me stesso dalla nostra corsa. Stamattina mi sono arrivati 500 messaggi, dopo vedo se c'è qualche offerta ma non ho direzioni particolari. Io mi sento un calciatore, mi sono sentito calciatore tutto quest'anno anche se ho avuto problemi fisici e ho ancora voglia di giocare a pallone e mi farei un torto grande, ingiusto, se dovessi smettere così adesso".
 
Non sarebbe stato più giusto che lo decidessi te quando e come smettere invece che ti venisse comunicato dalla società? "E' una cosa questa che ho sempre detto a Francesco (Totti ndr) e non posso cambiare idea adesso e la penso anche su Del Piero: non sono proprio d'accordissimo su questo. C'è una società che sta lì appositamente per decidere chi deve e chi non deve giocare, poi possiamo discutere 10 ore sul fatto che io sarei potuto essere importante per questa squadra facendo 5, 10, 20 presenze non lo so, nello spogliatoio perché penso di essere importante per loro, però poi le decisioni le prende la società perché io potrei dire 'decido io quando smetto' e poi al 12-13 maggio dico 'no facciamo un altro anno'. Qualcuno un punto lo deve mettere. Il mio rammarico non è quello. La modalità, il fatto che ci siamo parlati poco quest'anno forse un pochino mi è dispiaciuto ma le distanze a volte le creano anche incomprensioni di questo genere e spero che la società migliori in questo perché ci tengo e resto un tifoso della Roma ma la società  decide chi gioca, l'allenatore decide chi vuole. Questo è il calcio, non posso pretendere diversamente".
 
Dopo una stagione così amara e un risveglio ancora peggiore oggi, te la senti di lanciare un'ancora? "Senza entrare nei dettagli di quello che succederà, di consigli ai tifosi ne posso dare pochi perché io ho imparato dai tifosi ad amare la Roma. Quando sei piccolo guardi il tifoso che è completamente innamorato di questa squadra e cresci cosi e di conseguenza è un circolo vizioso con componenti che si alimentano a vicenda. Quello che posso chiedere a nome mio ai tifosi è di stare vicini ai giocatori perché questo è un gruppo di persone per bene e meritano un grande sostegno".
 
Hai sempre detto che nel tuo futuro vedevi l'ipotesi di fare l'allenatore, questo ruolo dirigenziale che ti è stato proposto potrebbe farti rivedere i piani? La romanità, il romanismo è indispensabile nella Roma? "Ho sempre detto che penso possa piacermi l'idea di fare l'allenatore, ho questa sensazione, penso che potrebbe piacermi studiare per diventare allenatore e impararlo questo lavoro. Il dirigente non mi attira particolarmente a 360° ma qui a Roma poteva avere un senso diverso. La sensazione, anche guardando chi mi ha preceduto, e giuro che non lo faccio con polemica, è che per ora ancora si possa incidere poco, si possa mettere poco mano in un mondo e in un ambiente che conosciamo bene. Quindi faccio fare il lavoro sporco a Francesco, spero che prenda più potere possibile e magari, un giorno, se cambierò totalmente idea, lo raggiungerò perché penso che quello che ha detto l'amministratore delegato è vero, ovvero che mi accoglieranno a braccia aperte. Però la sensazione è che mi piacerebbe fare un lavoro che già in passato ho detto che mi piacerebbe fare ma prima devo studiare, devo iniziare un percorso lungo e devo impararlo più che altro".
 
Ti senti di dire che l'eredità è al sicuro con Florenzi? "Il romanismo è una cosa che ha contato molto per noi, è qualcosa di importante ed è in mani salde perché Lorenzo ed Alessandro sono due persone che possono continuare questa eredità, non gli va chiesto di scimmiottare me o Francesco perchè sarebbe la cosa più sbagliata del mondo, con la loro personalità devono portare avanti quello che è l'attaccamento alla maglia. Però ci tengo a dire che c'è un Bryan Cristante che si presenta da Bergamo, non è romanista, ma ne vorrei altri 100 cosi che danno l'anima in allenamento, in campo. Non posso dire che la Roma ha bisogno di romanisti, la Roma ha bisogno di professionisti che se dovessero essere anche romanisti, come Alessandro e Lorenzo, ti permetterebbero di fare bingo. Poi per vincere non è necessaria ne l'una, ne l'altra ma bisognerebbe creare una squadra che forse altre squadre possono permettersi di fare più forte ma questo è lo stato del nostro mercato e penso che la società sia orientata a cambiare questa situazione, lo spero più che altro. Ho detto Cristante ma ne avrei potuti dire tanti altri".
 
Questo addio te lo immaginavi cosi? "Ho cercato di prepararmi mentalmente senza immaginare come sarebbe stato, sapevo che non sarei stato felice neanche se avessi deciso io perché questo è un lavoro che ti entra dentro. Questa è casa mia, sono entrato per la prima volta qui che avevo 11 anni. Sarà difficile abituarmi a non farlo più. Il distacco un po' si... Io voglio continuare a giocare, loro non vogliono e un minimo di differenza di vedute ci sta, è inevitabile, non posso essere felice, non ho rancore nei confronti di Guido e di Ricky, un giorno magari parlerò anche col presidente e con Franco Baldini, non ho problemi. Forse mi immaginavo con i cerotti, zoppo che dicevo lasciatemi stare e loro che mi chiedevano di continuare. Non è andata proprio cosi ma devo accettarlo altrimenti mi faccio male da solo. Poi lui (Fienga ndr) dice che sono già un bravo dirigente e se fossi stato un dirigente io ad un giocatore come me lo avrei rinnovato il contratto, sono convinto che avrei potuto dare qualcosa a livello tecnico perché quest'anno, al netto degli infortuni, quando ho giocato mi sono difeso, ho giocato abbastanza bene anche. Sono uno che dentro lo spogliatoio non crea problemi, anzi cerca di risolverli. Sono sereno nell'accettare una decisione che nel nostro lavoro ci può stare".
 
Dalla Roma stanno andando via in tanti. Come te lo spieghi? "Un piccolo rimpianto, un piccolo dispiacere che ho negli anni è che tante volte, anche con la passata gestione, non solo con questa qui, ho avuto la sensazione che la squadra diventasse veramente forte, poi sempre più forte, poi sempre più vicina a quelli che vincevano e poi ho avuto la sensazione che si faceva un passo indietro, però queste sono le leggi del mercato, alcuni si possono permettere una macchina, altri se ne possono permettere un'altra, ognuno spende quello che può spendere in base a quanto guadagna. E' un rimpianto ma non è una colpa che posso dare perchè non so come funzionano queste cose, non entro dentro i numeri e spero che la Roma, forse con lo stadio, riesca a diventare forte tanto quanto le altre squadre. A Roma tanti giocatori sono andati via, tanti giocatori sono andati via e dopo due mesi mi hanno chiamato dicendomi quanto stavano bene a Roma o quanto volessero tornare. Poi il calcio va avanti per tutti, si abituano a stare in altri posti, vincono e sono felicissimi e magari neanche ci tornano a Roma. Però è un posto in cui si sta bene, una piazza calda per fare calcio e bisognerebbe fare quel passo in più però non sono d'accordo sul fatto che stiamo tirando fuori giocatori dalle macerie. Questa è una squadra forte, con tanti giocatori giovani dalla quale si può ripartire. Una squadra che ha futuro. Si dovrà sbagliare il meno possibile, negli ultimi anni la sensazione che si sia sbagliato qualcosa c'è ma ne parleremo in un'altra intervista".
 
Quando hai iniziato a capire che sarebbe finita cosi? Cosa succederà dopo il 27 maggio? "La consapevolezza è cresciuta durante l'anno. Lo sapevano tutti che avevo il contratto in scadenza e se non c'è mai un colloquio... Anche se poi con Monchi due-tre volte abbiamo parlato e mi aveva rassicurato, poi non c'è più stato lui e io non sono andato a chiedere nulla a nessuno. Questo scombussolamento societario, come dice Guido, forse non ha aiutato ma io la sensazione l'ho sempre avuta. Io ho firmato due anni di contratto il giorno dopo che ha smesso Francesco e anche li c'era stata un po' di incertezza. Per quanto riguarda il 27 maggio alle 3 ho un aereo e vado in vacanza, una cosa che quest'anno mi è mancata, non ho fatto un giorno di vacanza, a dicembre sono rimasto qui a lavorare per il ginocchio e ho un grande bisogno di passare del tempo senza pensare al calcio anche se dovrò pensare a trovarmi una squadra. Per il resto vediamo, è una cosa nuova, devo parlarne a casa, devo parlare col mio procuratore e con me stesso".
 
Perché in questi anni è mancato il passo alla squadra? Se potessi cambiare il finale di una sola partita quale cambieresti? "Ogni anno mi viene fuori una partita nuova da voler cambiare, forse la più fresca, perché avevamo vissuto un'atmosfera, una stagione clamorosa, ma penso che la partita che vorrei cambiare è Liverpool-Roma. Il rimpianto forse lo ha anche Messi che è il giocatore che ha vinto tutto però magari non ha vinto il Mondiale. Ognuno vive di rimpianti perchè questo è un mondo fatto di gente ambiziosa che vuole vincere. La vittoria è il fine ultimo di quello che facciamo. Devo ringraziare Dio per la carriera che ho fatto, da piccolo fino a 14-15 anni non sembrava avessi queste grandissime doti e avrei firmato per fare una carriera simile a quella di mio padre che ha fatto 15 anni di C ed è il mio idolo. Io sono un ragazzo fortunato, ho fatto il lavoro che mi piaceva in una squadra che continuo ad amare tantissimo con ragazzi stupendi e anche con avversari stupendi che voglio ringraziare perché tante emozioni che ho vissuto le ho vissute fuori casa. L'astio sportivo che sentivo nei derby o a Napoli, a Bergamo o a Reggio Calabria mi hanno fatto sentire vivo e mi nutrivo di quelle. Il calcio è contrapposizione, tifo e anche un po' di ignoranza e io sono contento di avere avuto anche dei nemici che si identificavano in me perché significa che ero un simbolo per qualcuno".

 


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