Jordan Veretout, calciatore dell'AS Roma, ha rilasciato un'intervista al portale francese ouese-france.com.
La quarantena: "E’ stata fastidiosa all’inizio, vista la situazione in cui il paese si trovata. Poi con il passare delle settimane abbiamo visto la fine del tunnel. Sono stato fortunato ad avere mia moglie e i bambini con me, quindi ne ho tratto il massimo del vantaggio. Alla fine è sembrato comunque un periodo lungo. Mi è mancata la famiglia e mi sarebbe piaciuto passare questo isolamento insieme. Abbiamo pensato di tornare in Francia, ma restare a Roma era la soluzione migliore e la più responsabile. L'Italia? La Lombardia è stata molto colpita, quando abbiamo visto le immagini in tv è stato spaventoso. A un certo punto abbiamo preferito non vederle".
Ancora sulla pandemia: "Vedere la morte ci ha fatto paura e spero che il peggio sia alle spalle. È bello vedere Roma tornare alla vita, anche se le persone sono attente. Non è come prima, perché Roma accoglie gente da tutto il mondo ma non è ancora il caso di tornare a farlo. Ma i romani escono di nuovo con la famiglia e gli amici, è una bella sensazione".
Allenamento: "La Roma ci ha dato gli strumenti per lavorare. Sono fortunato ad avere un giardino, una bicicletta e un tapis roulant. Così posso lavorare. Mi sono allenato ogni giorno, la Roma ci monitorava con il cardiofrequenzimetro. Siamo andati avanti così per un paio di mesi. E’ stato molto difficile allenarsi da soli per così tanto tempo. Siamo atleti di alto livello, certo, ma siamo calciatori. Quindi quando non c’è la palla, è frustrante. L’interruzione del campionato però è arrivata in un momento in cui mi sentivo meno bene, quindi questo mi ha permesso di rigenerarmi un po’ e ricaricare le batterie. Sono contento di essermi preso cura di me".
Preparazione e protocolli: "I primi giorni sono stati un po’ più difficili perché allenarsi da soli a casa è diverso dalle sedute di gruppo sul campo. La parte più difficile è stata trovare il ritmo, fare corse lunghe. Ci sono dei piccoli trucchi per lavorare bene, ed ero fiducioso. Durante il primo mese ci siamo preparati bene. Il nostro allenatore e lo staff hanno gradualmente alzato i ritmi, Siamo pronti e impazienti per giocare la nostra prima partita. I protocolli? Facciamo i test ogni 3-4 giorni. Le istruzioni sono troppe per elencarle tutte. Bisogna tenere la mascherina più a lungo possibile, evitare contatti prima della partita".
Assenza del pubblico: "E’ la cosa più frustrante. Ma per la salute di tutti, è meglio così. Quando guardo le partite in tv, non sentire i tifosi è frustrante".
Obiettivi: "Proveremo a qualificarci per la prossima Champions League. Sarà difficile ma non impossibile. In Europa League giocheremo in campo neutro e speriamo di poter andare il più lontano possibile".
La Roma: "Ho cambiato club per andare più in alto. La Roma è un grande club. In Italia, è uno dei più grandi… Ho sentito subito che era una società molto importante. Rispetto al Fiorentina, che è già un grande club, è tutto più sviluppato qui. La Roma ha più trofei. Tre anni fa, ha giocato la semifinale di Champions League. Totti e De Rossi erano lì poco prima di me. La Roma è il club in cui dovevo andare per raggiungere i miei obiettivi".
Il derby: "Il primo l’ho vissuto dalla panchina ed era già incredibile. Ma il ritorno che ho giocato è stato eccezionale. È uno dei derby più belli del mondo. Terrò questa partita nella mia mente per tutta la vita. La rivalità esiste per tutta la stagione, ma ce n’è un po’ di più prima dei derby. I sostenitori dei due club si “odiano”. In città o sei per la Roma o la Lazio. Se va bene la partita, è meglio per tutti. E' bello vedere lo stadio spaccato in due".
Sul gioco di Fonseca: "L’allenatore gioca con due uomini di fronte alla difesa e io sono uno di quei due giocatori. Io comunque posso giocare in più ruoli in mezzo al campo, ma ogni giorno imparo qualcosa e arricchisco il mio gioco. Sul lato difensivo bisogna stare più attenti, pensare di più per tirare fuori la palla, e fare i movimenti giusti. Ho guadagnato in maturità".