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Corriere dello Sport

(19/02/2018)

FenomenAlisson

Fenomenologia di un fenomeno. L’hanno individuato attraverso la struttura di scouting della Roma, l’hanno corteggiato per settimane in Brasile con un intermediario, l’hanno acquistato in anticipo per preparare il futuro. Oggi Alisson è una realtà, «uno dei portieri più forti in circolazione» come ha osservato Di Francesco, ma prima di diventare l’angelo custode dei tifosi ha dovuto incamminarsi su un sentiero lungo quasi due anni. Più di quanto si aspettasse visto che, nel giorno del saluto a Porto Alegre, era già il titolare della nazionale brasiliana.
 
APPROCCIO. La Roma l’ha preso nel momento in cui De Sanctis, ora team manager del club, era avanti con l’età e Szczesny, il guardiano ad interim, non poteva essere strappato all’Arsenal. Nelle intenzioni di Sabatini, e anche dell’allenatore che all’epoca era Garcia, Alisson sarebbe stato il primo già dalla stagione scorsa. La leggenda anzi narra che Alisson abbia scelto la Roma invece della Juve proprio perché Sabatini gli aveva promesso un ruolo da protagonista che il collega Paratici, con Buffon in casa, non poteva concedergli. E’ stato Spalletti, poi, a insistere per la conferma temporanea di Szczesny, che gli dava più garanzie nell’immediato. Fatto sta che Alisson ha firmato per la Roma a dicembre del 2015, 7 mesi prima del trasferimento. All’Internacional andarono 8 milioni, a lui un contratto di 5 anni da circa 1,5 milioni. Curiosità ex post: lui e Under, i trascinatori del momento, sono i titolari che guadagnano di meno.
 
TRATTATIVA. E’ stato un mediatore, Paolo Busardò, a gestire la trattativa. La Roma ha preferito non andare in Brasile per schivare le attenzioni mediatiche. Ha seguito tutto attraverso Whatsapp e Skype. Un affare da terzo millennio che poi l’Internacional ha concluso con un viaggio-lampo a Trigoria.
 
SCORAMENTO. Non è stato facile il primo anno romano. «Me ne sarei andato, se fossi rimasto ancora in panchina» ha rivelato Alisson, disposto a una dieta ferrea pur di guadagnarsi il posto. Di secondo nome fa Ramses, come il faraone, e di cognome Becker, come un mostro sacro dello sport. Non poteva, con queste credenziali onomastiche, arrendersi prima di cominciare. Tanto più che il suo sangue è un po’ tedesco e gli ha trasmesso la calma e la serietà che vediamo in campo. Si è aiutato con l’amore della moglie Nathalie, che è laureata in medicina e gli ha regalato la figlia Helena, con la cagnetta Shakira (abitano al Torrino, sobborgo vip della città) e le tre passioni segrete: chitarra, cucina e tennis. Alisson crede nella mano di Dio, non dimentica mai di portare con sé la Bibbia, finanzia una chiesa brasiliana. Quindi ritiene che il suo destino sia stato tracciato: il fratello maggiore Muriel, 31 anni, è il portiere del Belenenses, serie a portoghese. Pensate un po’, Alisson entra nell’Internacional allenato da Carlos Dunga quando Muriel deve fermarsi per infortunio. Naturalmente non è più uscito. E ora vale quasi 50 milioni. La Roma si augura che le potenze europee, dal Real Madrid al Psg, non lo tentino. Non subito almeno perché adesso, dopo tanti anni, i tifosi della Roma si sentono davvero al sicuro.

R. Maida
 


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