L'intervista di Monchi al quotidiano Il Messaggero.
La Roma costruita da lei è incompleta. «Se penso di aver fatto una squadra perfetta, sbaglio; ma sbaglia pure chi sostiene che sia incompleta. Ci sono tante cose che cambiano in una stagione. Alcune anche difficili da gestire. Penso che una rosa limitata non arrivi in semifinale di Champions e non lotti per il terzo posto. Detto questo, penso che tutto sia migliorabile. Parlavo col mio amico Emery, mi ha detto voi non vi rendete di cosa avete fatto realmente, riferendosi al dopo Barcellona. La squadra non è perfetta, ne sono convinto, ma ha tante virtù e per questo oggi siamo in un sogno».
Che direttore sportivo è lei? «Il lavoro di un ds non è solo prendere o vendere un giocatore, ma si sviluppa giorno per giorno. È un lavoro difficile da giudicare. Dopo un anno qui conosco meglio la società, questo calcio e forse questo mi è mancato nel mio primo lavoro di programmazione. E' la prima volta che esco dalla mia comfort zone dopo ventinove anni».
Come si pone nel suo lavoro? «Ho smesso di giocare molto presto per un problema alla spalla e ho fatto un anno il team manager. Poi subito il ds in un momento difficile della società, a un passo dal fallimento. Entro nello spogliatoio, vedo tanti miei compagni e, non so se sbagliando, ho provato a essere un ds più di spogliatoio che di ufficio. Ha funzionato, ho continuato così: faccio colazione con i calciatori e con i magazzinieri, vado nel pullman con loro, sto nello spogliatoio, parlo con loro di politica o di amicizie. Il problema non è la qualità dei calciatori, ma la persona. Spesso manca la persona per un rendimento ottimo. Bisogna stare vicino ai calciatori. Una volta volevo prendere Bielsa. Lui mi ha detto che mi avrebbe fatto entrare nello spogliatoio ma non lo avrebbe gradito. Non l'ho più preso. Oggi però siamo ancora amici».
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Balotelli è un profilo che interessa? «Questa è una domanda trabocchetto. Se tu hai bisogno di questo tipo di giocatore, lo puoi prendere. Edin e Balotelli sono il giorno e la notte. Se mi dici un vice Dzeko, in generale si cerca un giocatore con le caratteristiche simili. Il giudizio su Balotelli non si può fare solo sulla persona ma si deve riflettere sul suo livello tecnico, che è da giocatore importante. È un profilo che non scarto».
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Come si spiega la Roma in semifinale ma così lontana dallo scudetto?
«Nel calcio purtroppo o fortunatamente 2+2 non sempre fa 4. È vero che mancano punti, ma ne mancano alcuni per cattivo rendimento e qualcuno per sfortuna. L'esperienza è la madre di tutta la scienza. Noi ora abbiamo accumulato una esperienza importante. Dovete pensare che c'è un nuovo allenatore e un nuovo ds. Io sono ambizioso, ma credo che se all'inizio della stagione mi avessero prefigurato questo momento Insomma, non possiamo restare con un pensiero negativo».
Ma cose da migliorare ci sono. «È vero, non so se molto o poco ma qualcosa sì. Sappiamo dove abbiamo sbagliato e dove abbiamo fatto bene, ora possiamo pianificare la prossima stagione. Se restiamo fermi a riflettere solo sulla distanza dalla Juve non va bene, c'è sempre una semifinale di Champions conquistata. Quando abbiamo vinto la prima Europa League a Eindhoven con il Siviglia, abbiamo passato la notte in Olanda. Durante il volo per tornare ho detto al mio presidente ora dobbiamo lavorare eh! Non è difficile arrivare in cima, è difficile rimanervi.
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Cosa pensa quando sente Sabatini dire che questa squadra la sente sua? «Ma è vero. Questa squadra ha tanto lavoro di Walter. Io la parola mia non la uso, la Roma è dei tifosi. Se il Siviglia avesse vinto il successo sarebbe stato mio perché ne sono tifoso».
La Roma del futuro come la immagina? «Bisogna prima di tutto sedersi e capire dove vogliamo arrivare. Anche Di Francesco ha cambiato modulo. Questo significa che proviamo a trovare la soluzione che ci alzi il livello di rendimento. Prima di tutto dobbiamo lavorare insieme senza dimenticare che sopra di noi c'è la società, che è l'unica cosa che resta. Non si prendono decisioni solo con le idee del ds e dell'allenatore, altrimenti dimentichiamo la cosa più importante, la sostenibilità della società. Oggi per fortuna non possiamo decidere qual è la rosa della prossima stagione, perché ci sono tante cose che possono cambiare. Siamo in diverse posizioni, dalla più negativa, eliminati dal Liverpool, o al terzo posto e campioni d'Europa. Cambia tutto. Prima di decidere dove vogliamo arrivare, dobbiamo capire l'idea del mister e la disponibilità della società a livello di capacità economica e di brand. Può sembrare una follia, ma il brand è decisivo».
Così tanto? «Ho visto un cambio tra prima e dopo la gara col Barcellona nella risposta dei procuratori e dei giocatori».
Come nasce l'idea Di Francesco? «Quando sono arrivato qui in Italia avevo già fatto delle scelte: pensavo che un ds straniero dovesse prendere un allenatore italiano. Quindi ne ho disegnato il profilo: uno che potesse conoscere la Roma, che avesse fame, che nel suo percorso i calciatori da lui allenati avessero fatto una crescita sportiva ed economica. Di Francesco incarnava questi principi. Ho fatto 3 appuntamenti con lui: dopo il primo ero già convinto. Un allenatore con me si ritrova a lavorare con un ds molto matto. Forse il miglior allenatore del mondo non potrebbe lavorare con me se non ci fosse sintonia. Per questo era importante capire la sinergia tra noi. C'è stata dal primo momento. Se non instauro un buon rapporto con l'allenatore, non si può lavorare bene. Io ho bisogno di capire che l'allenatore si fidi di me. Ora c'era bisogno di un allenatore così, un'altra volta magari servirà uno con caratteristiche diverse».
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Dzeko stava andando via a gennaio. Sarebbe stato un bel problema. «Capisco che a volte il messaggio che può usare un ds potrebbe sembrare una bugia, perché è vero che non possiamo raccontare tutto tutto tutto. Ma io dico meno bugie possibili. In una conferenza io ho detto che noi, per via del FFP, dovevamo fare una plusvalenza. E che ero obbligato ad ascoltare tutte le offerte. È arrivata una offerta più o meno interessante per Edin. Per questo abbiamo fatto uno step in più, ma alla fine non si è trovato l'accordo perché l'accordo In dieci gironi di negoziazione ho visto Edin fuori dalla Roma, ma gli ultimi giorni non avevo dubbi sulla sua permanenza: nessuna delle tre parti era convinta dell'operazione».
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Firmerebbe per arrivare quinto in campionato ma in finale? «Se so che vinciamo la Champions sì. Per i tifosi è meglio arrivare in finale, ma per noi è più importante conquistare la qualificazione. Sono due cose differenti: la qualificazione in campionato porta soldi per la prossima stagione, quelli che entrano per il percorso in Champions vanno in questo bilancio».
In sintesi: lo scorso mercato la Roma ha pagato l'eliminazione nel preliminare 2016 contro il Porto. «Sì».
U. Trani - S. Carina - A. Angeloni - M. Caputi