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Il Tempo

(09/02/2019)

Roma quarta con vista Champions

Insultatemi ancora, intanto io segno. L'inchino di Aleksandar Kolarov verso i cinquecento romanisti del settore ospiti del Bentegodi è la sintesi di una serata dai risvolti surreali e per certi versi inediti nel rapporto tra i tifosi, la squadra e, nello specifico, un giocatore-leader. Il 7-1 di Firenze ha rotto gli equilibri, non basta neppure questa vittoria in discreta scioltezza per calmare la rabbia dei gruppi organizzati giallorossi, ieri rappresentati da 500 presenti nella fredda Verona, oltre a tanti altri romanisti sparsi nelle tribune. C'erano tutti, tranne i Boys che hanno disertato la trasferta in segno di protesta, e i cori sono stati sin dall'inizio molto chiari: il classico repertorio di «tifiamo solo la maglia», «mercenari», «tirate fuori le p...» etc etc. 
 
Nulla di strano, per carità, ma la musica non è cambiata neppure dopo i gol di El Shaarawy e Dzeko. E invocare gli «attributi» quando una squadra è in vantaggio di due gol (e poi di tre) non è facilissimo da comprendere. Come contro il Milan, in diversi momenti gli ultrà giallorossi hanno preso di mira Kolarov, dandogli del «bastardo» con tanto di «mort.. tuoi». Cosa ha fatto di tanto male per meritarsi questo trattamento? Una storia lunga, da rimettere insieme. Detto che il suo ritorno nella Capitale da ex laziale non gli ha certo procurato delle simpatie all’inizio, la scorsa stagione da trascinatore assoluto sembrava sufficiente per entrare nel cuore della tifoseria, con apice raggiunto quest'anno nel derby deciso proprio da un suo gol. Quel giorno l’inchino lo fece verso la tribuna Monte Mario, con probabile riferimento ai dirigenti laziali con cui non si era lasciato benissimo, ieri lo ha ripetuto (è la sua esultanza tipica) verso il settore ospiti ma il significato è certamente diverso, scritto nella sua espressione tra lo sdegno e la sfida. 
 
Sì perché il coro anti-Kolarov è ripartito anche mentre i compagni lo abbracciavano e si complimentavano per il 3-0 che ha chiuso la partita e scacciato via le paure di rischiare l'ennesima rimonta. Il serbo non ce la fa a tenersi dentro le reazioni, anzi, “a me piacciono i momenti difficili” aveva raccontato mesi fa in una conferenza stampa che è alla base dell’astio di molti nei suoi confronti. Dire nell'ambito di un discorso ampio e piuttosto condivisibile nel suo insieme che «i tifosi possono dire quello che vogliono ma secondo me non capiscono molto di calcio», è stato vissuto come un affronto. (...)
 
A. Austini


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