Mou e Max, un duello al gelo

Non metteteli a confronto, non si piaceranno. Forse perché sono molto più simili di quanto possano ammettere: dichiaratamente devoti al risultatismo, dottrina spesso trascurata dai nuovi maestri; leader riconosciuti, ai quali concedere il beneficio della formazione o della sostituzione strambe; uomini cresciuti con la vista sul mare, che si aspettano il sale sulle ferite; piacioni della comunicazione e comunicatori di piacere. Si rivedranno domenica allo Stadium, Massimiliano Allegri e José Mourinho, nel rispetto reciproco di quelli che sì, un po’ si detestano, ma sotto sotto si stimano. L’ultima volta si sono incrociati sempre lì, in Champions, quando Mourinho allenava il Man United. Era il 2018: vinse lui in rimonta, mostrando le orecchie ai tifosi della Juve, i rivali, e chi la fa l’aspetti. Tornando da allenatore della Roma, moltiplicatore istintivo di ostilità sportiva, non riceverà i fiori come a Sanremo.

 

Ma la loro cordiale antipatia nasce da più lontano. Quando Allegri allenava il Cagliari e Mourinho l’Inter, i due si scambiarono ceffoni virtuali. Alla fine del campionato 2008/09, quando a Coverciano gli allenatori assegnarono la panchina d’oro ad Allegri, Mourinho reagì così: «Sono sorpreso che gli allenatori mi abbiano dato 6-7 preferenze: tante. A me interessa solo il premio che danno i calciatori». Replica di Allegri: «Forse lui è sempre sotto i riflettori e vuole commentare tutto, ma per farmi innervosire e perdere la pazienza ci vuole altro». (…)