Oggi la Roma affronterà l'Udinese al Bluenergy Stadium per concludere la gara interrotta per il malore occorso a Evan Ndicka. Una circostanza che era già capitata alla squadra giallorossa, come nel 2012, quando si dovette recuperare la parte finale di un Catania-Roma interrotto per pioggia. In quel recupero Luis Enrique mandò in campo dall'inizio un giovane Giammario Piscitella, proveniente dal vivaio della Roma. L'attaccante, che oggi gioca al L'Aquila, ha rilasciato un'intervista al Corriere dello Sport.
Il ricordo di quel giorno: "Le dico la verità, non mi aspettavo di giocare, figuriamoci di partire dal primo minuto! Anche perché a disposizione c'era anche Bojan, quindi pensavo che la mia convocazione fosse soltanto legata a una questione numerica. E invece Luis Enrique mi regalò una delle serate più belle della mia carriera".
Quando scoprì che avrebbe giocato: "Qualche ora prima. L'aneddoto divertente è che io chiesi a un collaboratore del mister se dovessi partecipare o meno alla riunione tecnica, pensando di finire in panchina oppure in tribuna. Invece arrivo Lucho e mi disse di entrare in sala e di fare anche attenzione perché avrei giocato titolare. Trenta minuti, i più intensi della mia carriera. Avevo il cuore in gola per l'emozione".
Emozione, ma anche tensione: "Certo, ma ero giovane e avevo anche quel pizzico di follia per riuscire a superarla. In ogni caso tutta la squadra mi diede il massimo supporto, soprattutto Heinze: "Se hai difficoltà, girati verso di me che ti supporto". E così è stato, anche perché il Massimino era pieno, la tifoseria calda e quel Catania era davvero forte".
La partita: "Fu incredibile. Non riuscimmo a segnare ma creammo tante occasioni da gol in quella mezz'ora. E la televisione che trasmetteva quella partita mi indicò come migliore in campo. Fu una serata pazzesca".
Cosa cambia nella preparazione di una partita così breve: "Noi partimmo per Catania il giorno prima, a differenza della Roma che volerà oggi a Udine. Di certo è stressante fare un viaggio in più del previsto, per questo non volevamo il rinvio. Diciamo la verità: era una seccatura in più. Per quanto riguarda l'aspetto tattico, Luis Enrique ci chiese di dare tutto in quei minuti per cercare di vincerla: baricentro alto, pressione e intensità. Messaggio alla Roma di De Rossi: può farcela, deve dare il massimo e alzare immediatamente il ritmo".
Su Luis Enrique: "Mi ha regalato un sogno, avevamo un rapporto padre-figlio, con un grande dialogo quotidiano. Se rimasi alla Roma fu solo per merito suo. Col senno di poi avrei fatto una scelta diversa".
A proposito di quella scelta: "In quel momento ero in scadenza di contratto. L'Inter mi voleva e mi aveva fatto un'offerta importante per trasferirmi a parametro zero. Luis Enrique invece mi convinse a restare promettendomi spazio e tanto margine per crescere in prima squadra. Io firmai il contratto, ma il mister se ne andò e per me fu tutto più complicato. Zeman - che mi voleva al Pescara - non mi portò in ritiro e Sabatini mi mandò al Genoa nel trasferimento di Destro. Poi continui prestiti che di certo non mi aiutarono. Fu un periodo difficile, la Roma non mi tutelò, ma sono comunque soddisfatto della mia carriera. E adesso mi gioco la promozione in Serie C e quando posso vado a vedere De Rossi all'Olimpico".
De Rossi nello spogliatoio: "Come un fratello maggiore, sempre attento ai più giovani. Ci trasmetteva la sua grinta, il suo amore per la Roma. Ci bacchettava quando non eravamo attenti, ma lui poteva farlo perché era il primo a dare sempre il massimo. Un leader e sono al settimo cielo nel vederlo sulla panchina della Roma".
Se si vede come allenatore: "Io mi vedo nella pasticceria che ho aperto a Torino. Sono un ragazzo introverso, non riesco a stare in questo calcio perché ci sono delle dinamiche che non fanno per me. Poi chissà, magari in futuro cambierò idea, ma ora preferisco pensare a un lavoro lontano dallo sport".