Monchi, ds del Siviglia ed ex ds dell’AS Roma, ha rilasciato un’intervista al quotidiano Corriere dello Sport.
Queste alcune delle sue risposte.
La sua, tra la primavera del 2017 e quella del 2019, fu un’esperienza non banale. L’ex presidente Pallotta le attribuì molte responsabilità degli insuccessi tecnici e delle difficoltà economiche. «A Pallotta sarò sempre grato per avermi portato alla Roma, che è un club più grande di quanto venga percepito fuori. Non mi sentirete mai parlare male di lui né delle altre persone che hanno lavorato con me in quel periodo».
Però lei, Monchi, si dimise dopo la sconfitta di Champions a Oporto che determinò l’esonero di Eusebio Di Francesco. E’ vero che non aveva un piano B? «Avevo anche quello C o D, è parte del mio mestiere. Il Siviglia in questa stagione ha cambiato due volte allenatore… Il punto è che per me Eusebio meritava di finire la stagione. Veniva dall’impresa contro il Barcellona e aveva accettato le cessioni importante che la società gli aveva imposto: Salah, Rudiger, Paredes, Mario Rui. Per me doveva solo ritrovare fiducia. La proprietà aveva altre idee, perciò pensai che fosse meglio lasciare ad altri la poltrona. E comunque non fu solo Di Francesco il motivo delle mie dimissioni: semplicemente non c’era più sintonia».
Per colpa di chi? «Mia. Almeno al 95 per cento. Sarebbe facile oggi per me dire che non mi è stato permesso di lavorare come avrei voluto. Ma non sarebbe la verità. Non entro nei dettagli, mi chiede di Pastore o di altri acquisti che non erano giusti ma io non mi soffermo sul caso singolo. Dico solo che ho sbagliato, non saputo rispettare le aspettative che io stesso avevo».
A Trigoria ebbe il compito di comunicare a Totti che avrebbe smesso di giocare. «E non riuscii a trattenere Spalletti, che a Napoli ha dimostrato tutto ciò che ho sempre pensato di lui. Quanto a Francesco, non sono stato io ad azionare la ghigliottina come lessi all’epoca. E con lui si creò da subito un ottimo rapporto. Ancora oggi ci sentiamo».