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La Gazzetta dello Sport

(16/11/2017)

Prima eroe Lazio. Ora star alla Roma: Kolarov, l’uomo dei due derby

In questi ultimi giorni, nel tragitto che dal Torrino lo porta tutti i giorni a Trigoria, chissà quante volte avrà pensato al suo passato. A quando per andarsi ad allenare prendeva la Cassia Bis piuttosto che la Laurentina e il centro sportivo era Formello e non il Fulvio Bernardini. O a quando la casa l’aveva dall’altra parte della città, alla Collina Fleming, invece che al Torrino Nuovo, a ridosso dell’Eur. O, molto più semplicemente, alle sensazioni che viveva quando era dall’altra parte del Tevere e vestiva la maglia della Lazio invece di quella attuale della Roma. Di certo c’è una cosa, che l’uomo più atteso per il derby disabato è lui, Aleksandar Kolarov, tre anni vissuti felicemente in biancoceleste e oggi uno dei punti di forza dei giallorossi. L’uomo dei due mondi, verrebbe quasi da dire. Considerando anche che, a scoprirlo ed a portarlo in Italia dall’OFK Belgrado fu un altro uomo dei due mondi, Walter Sabatini, il d.s. che dopo aver colorato la prima Lazio di Lotito si è dedicato anima e corpo alla Roma dei sogni americani.
 
ROMA NEL DESTINO – Kolarov nella Lazio è cresciuto prima di spiccare il volo verso i successi di Manchester, sponda City. Ma a Roma città è sempre rimasto legato, tanto che qui aveva deciso di chiudere la carriera. Per un po’ ha flirtato di nuovo con i biancocelesti («La Lazio mi manca, un giorno mi piacerebbe tornare», ha detto a giugno scorso), poi – quando è arrivata la chiamata di Monchi – non ci ha pensato su e in 5 minuti («Sì, mi sono bastati quelli per chiudere l’accordo con il d.s.», ha ammesso) ha accettato la proposta della Roma. Non senza polemiche, però, proprio per il suo passato. Così appena sbarcato sono apparse subito le prime scritte offensive. «Kolarov verme», la firma degli ultrà laziali, che gli hanno ricordato anche una sua vecchia dichiarazione («Alla Roma non andrei mai»). «Non dimentichiamo il tuo passato con quella maglia. Ti auguriamo la stessa fine di Chinaglia! Kolarov bastardo laziale», il messaggio di quelli romanisti. Insomma, non proprio la situazione migliore. Kolarov, però, non si è fatto prendere dall’ansia né dalla paura e ha iniziato a fare semplicemente quello che sa fare meglio. E cioè giocare dando tutto se stesso. Così sono arrivate le prestazioni (molte di alto livello), qualche gol sparso (Atalanta, Torino e Chelsea) e una professionalità che ha finito con conquistare gran parte del tifo giallorosso. Insomma, il passato sembra non contare davvero più.
 
SE SEGNO ESULTO – Del resto, lo stesso Kolarov (come al solito riservatissimo in ognisua cosa, passa molto del suo tempo con Dzeko) era stato chiaro appena arrivato alla Roma. «Non puoi mettere mai d’accordo tutti, nel calcio come nella vita. Il mio passato è quello, non posso e non voglio cancellarlo. Di certo sono molto contento di essere alla Roma, per la quale darò sempre il 100%. E se al derby mi capiterà di far gol esulterò». Buum. Proprio quello che si volevano sentir dire i tifosi giallorossi, magari anche per esorcizzare quel gol che Kolarov al derby ha già segnato. Era l’11 aprile 2009 e il serbo realizzò il definitivo 4­-2 per la Lazio, al termine di una discesa lunghissima (e beffando Doni di destro, non il suo piede). Sarebbe il modo migliore per celebrare la pace, se non addirittura per qualcuno l’amore.
 
DUE COPPE VINTE – Per gli oltre 15 mila tifosi laziali che sabato saranno all’Olimpico sarà invece il bersaglio designato. Il tradimento, sia pur differito (sono trascorsi sette anni da quando andò via dalla Lazio), non è andato giù. Anche perché la storia biancoceleste di Kolarov non era stata per nulla secondaria, anche se non lunghissima. Ma in quei tre anni di permanenza a Formello erano arrivati due trionfi grandi così (Coppa Italia e Supercoppa italiana) dei quali Kolarov fu grande protagonista. Nella semifinale di Coppa Italia con la Juve segnò il gol che chiuse i conti a Torino e poi, nella finale con la Samp, calciò uno dei rigori che decisero la sfida. E tre mesi dopo a Pechino nel match di Supercoppa con l’Inter di Mourinho fu una sua punizione ­bomba, deviata da Lucio in barriera, a favorire il gol di Matuzalem che sbloccò il risultato. Senza contare che con i 19 milioni incassati dalla sua cessione Lotito ha potuto cominciare ad alzare l’asticella delle ambizioni. Ma questo ormai è il passato.

S. Cieri - A. Pugliese

 


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