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Il Tempo

(18/11/2017)

Brivido Di Francesco: «Favoriti? No, alla pari»

Roma e Lazio oggi «sono alla pari» e se il risultato confermasse l’equilibrio, in fondo in fondo, non sarebbe un brutto modo di cominciare a scrivere la personale storia di Di Francesco versione allenatore: «Non chiederei mai – giura Eusebio – ai miei giocatori di giocare per il pareggio, poi è vero che a Londra abbiamo fatto 3-3 ed è stato un grande risultato, ma solo perché abbiamo cercato di fare la partita e siamo scesi in campo per vincerla. Non ci snatureremo, resteremo fedeli alla nostra mentalità». Se poi venisse fuori una sfida in stile Stamford Bridge difficilmente qualcuno storcerebbe il naso, anche se il punticino lascerebbe tutto invariato, con i biancocelesti davanti e i giallorossi dietro: «Il derby potrebbe dare il “la” al nostro campionato, ma io voglio togliere questa partita fuori dalla classifica e viverla come una gara unica». 
 
La prima in queste vesti dopo l’avventura da giocatore, che sul curriculum ha 4 stracittadine perse, 2 vinte e un solo pari (proprio in quest’unicum lasciò il segno, era il 3-3 del 29 novembre 1998): «Sarà il derby più difficile per me: il calciatore ha la fortuna di mettere in campo tutta la rabbia e la forza accumulata nei giorni precedenti, il tecnico invece dipende più dagli altri. Sarà comunque bellissimo, anche perché le due squadre stanno vivendo un ottimo momento. Temo in particolare Immobile».
 
Ciro ha partecipato alla delusione Mondiale assieme a De Rossi, Florenzi ed El Shaarawy: «Il bello del calcio – dice Di Francesco – è che c’è sempre una partita dopo per rifarsi: dalle grandi sconfitte nascono le grandi vittorie. Poi due dei miei sono romani e romanisti e sentiranno ancora di più la sfida». C’è anche un ex nel suo gruppo: «Kolarov mi ha fatto una battuta quando mi sono fatto male ad un ginocchio: “Mister ho giocato io nella Lazio, non tu. Dovrei sentire io la pressione…”. Ha la personalità per affrontarla nel modo giusto». Il faccia a faccia sarà tra due squadre che «con merito sono nella parte alta della classifica. Sento dire che siamo più forti tecnicamente, ma credo che loro negli ultimi anni hanno sbagliato pochissimo. Siamo alla pari, lo dicono anche i numeri». Eusebio sta lavorando per il futuro, cercando di costruire lo «stile Roma» di cui Spalletti parlava prima di lui: «È qualcosa che parte dall’alto, da una società che sta cercando di fare le cose come si deve. A cominciare dalla scelta dell’allenatore che, come ha detto Bruno Conti, ha riportato un po’ di romanità e questo mi fa molto piacere». 
 
C’è un altro domani da riformare, quello a tinte azzurre: «Io comincerei dalle seconde squadre: se vogliamo far crescere i giovani dobbiamo lavorare meglio e non metterla sul piano dei troppi stranieri, che è solo un alibi. Ancelotti? Mi piace, è una garanzia. Fossi stato io il presidente federale magari mi sarei dimesso, però sono curioso di sentire i programmi. Parlare della Nazionale ora è come sparare sulla croce rossa, sono concentrato sul derby». Che avrà finalmente il pubblico che merita: «Mi ha colpito l’affetto per Gabriele Sandri. Mi auguro che la stracittadina sia una grande festa di civiltà. E che vinca la Roma». O male che vada pareggi.

E. Menghi


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