La scalata è di quelle lunghe e ripide. Sulla strada che porta sotto il traguardo della ripresa della A ci sono vari “strappi” e per superarli ci vorranno idee lucide e sangue freddo.
CAOS ALLENAMENTI
Al momento senza un protocollo approvato dal Cts si naviga a vista. La Lega ha “corretto” l'ultima versione del protocollo della Figc che era stato vidimato dal ministero dello sport e adesso, con alcuni ritocchi (no al ritiro, nuova norma sulla quarantena e più tamponi da fare), aspetta l'ok definitivo (oggi?). Per ora sono consentiti gli allenamenti individuali o quelli a piccoli gruppi (per chi segue il “vecchio” protocollo della Figc). Le linee guida per gli sport di squadra preparate dal ministro Spadafora invece ieri sera non erano ancora state diffuse. Queste ultime, come anticipato dal dpcm di domenica, consentono sedute «nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento, a porte chiuse». Questa norma per formazioni di A che vogliono riprendere il campionato a metà giugno è inattuabile: non si potrebbero fare partitelle o contrasti. Non a caso nel nuovo protocollo, nel paragrafo che parla delle “Sessioni di allenamento”, non c'è menzione di distanziamento sociale. L' “eccezione per il calcio” deve essere però certificata dal Cts.
NO AL 13 GIUGNO
Il dpcm di domenica è valido fino al 14 giugno compreso e prevede «la sospensione degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, in luoghi pubblici o privati». Fino al 15 giugno, dunque, non si possono giocare partite ufficiali. Ecco perché ieri la Federcalcio ha diffuso un comunicato nel quale vengono sospese «fino al 14 giugno tutte le competizioni calcistiche sportive organizzate sotto l'egida della Figc». Dal governo filtra che il problema della data è facilmente risolvibile con una modifica al dpcm in uno dei prossimi provvedimenti dell'esecutivo. Tutto facile? Vedremo...
GESTIONE DELLA QUARANTENA
E' la salita più dura. Almeno per la fase degli allenamenti, per non violare la legge statale, è stato stabilito che «in caso di accertata positività, si dovrà provvedere all’immediato isolamento del soggetto interessato mentre tutti gli altri componenti del gruppo squadra verranno sottoposti ad isolamento fiduciario presso una struttura concordata (...), a tampone (anche rapido) ogni 48 ore per 2 settimane, oltre ad esami sierologici da effettuarsi la prima volta all’accertata positività e da ripetersi dopo dieci giorni. Nessun componente del gruppo squadra potrà avere contatti esterni, pur consentendo al gruppo isolato di proseguire gli allenamenti». Era l'unica carta da giocare per evitare ai giocatori la quarantena nelle rispettive case, un'opzione che avrebbe impedito a tutti di recarsi al campo per le sedute. Qualcuno si pone il dubbio se così facendo non si rischi di creare dei focolai: i tamponi “continui” dovrebbero risolvere il dilemma. Il problema si porrà se una positività scattasse fuori dal 31 maggio in poi, con la ripresa della A fissata il 13 giugno: la squadra isolata in ritiro non potrebbe andare allo stadio a giocare la partita. Sempre che nel frattempo non sia cambiata la legge statale sulla durata della quarantena.
RITIRI... NO
Sui ritiri la presa di posizione è netta: nessuno li vuole. Né gli allenatori né i calciatori né i medici. Questi ultimi, nella versione del protocollo Figc pre-revisione, avrebbero dovuto vigilare su ciò che accadeva in ritiro, con tutto quello che ne conseguiva per quel che riguarda la responsabilità civile e penale in caso di contagio da Covid o danni permanenti agli atleti. L'Inail ha ridimensionato queste responsabilità suddividendole con il datore di lavoro, ma se non ci sarà ritiro il problema non si porrà quasi del tutto. In base al decreto Gelli-Bianco, infatti, i dottori saranno punibili «qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia», non se avranno «rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida» di un protocollo. Per la responsabilità civile è “caccia” a un'assicurazione.
TAMPONI CENTRALIZZATI
La situazione dei tamponi e dei reagenti nel Paese sta migliorando, ma non ce ne sono ancora in abbondanza. Per questo nel protocollo il reperimento (soprattutto dei reagenti) è a carico delle singole società, con la Lega «che si adopererà per individuare laboratori autorizzati, criteri di esami e di trasmissione tempestiva dei referti ad un’unità terza, al fine di garantire coordinamento e immediatezza delle comunicazioni». L'obiettivo con il passare delle settimane è individuare un'azienda o un laboratorio che sia un referente diretto per la Lega o la Figc.
PROTOCOLLO GARE
E' l'ultimo “sforzo” prima del traguardo. La Lega ha già pronte le norme organizzative per le partite (accesso agli stadi, regole per organizzare le trasferte ecc), ma serve il protocollo medico. Convincere il Cts non sarà facile. La commissione della Figc tornerà a riunirsi stamani per parlarne.
A. Ramazzotti