Fonseca «Questa notte è il massimo»

Per la storia, nella sfida più affascinante che ci sia. Per i tifosi, che ieri hanno invaso Trigoria per sostenere la squadra. Per l’orgoglio, straziato dai risultati negativi in campionato. E anche un po’ per il futuro, che è delineato ma può ancora alimentare dubbi e rimorsi. Paulo Fonseca si lancia con tutto se stesso nella «partita più importante della mia carriera», sperando di non aver toccato la vetta delle ambizioni. In fondo la Roma in versione europea, per ranking e rendimento, ha diritto a giocarsi la quinta semifinale dell’era Uefa senza tremare di fronte al Manchester United, superiore per fatturato e qualità ma creatura umana e fallibile come tutte le altre. 

 

Insomma nel teatro dei sogni – perché così è stato ribattezzato Old Trafford – la Roma non vuole svegliarsi. Da 30 anni esatti non centra una finale europea (Roma-Inter, Coppa Uefa 1990-91) e da 60 non vince un trofeo internazionale (Coppa delle Fiere 1960-61, non considerando l’Anglo-Italiano degli Anni 70). Se i ricorsi storici contano qualcosa, chi è nato nel mezzo come Fonseca può essere moderatamente ottimista. Lascerà la Roma in ogni caso, con Maurizio Sarri in attesa della successione, ma gradirebbe farsi ricordare come un allenatore che ha lasciato il segno. Anche nelle casse del club, sofferenti nonostante le iniezioni di capitale immesse dai Friedkin nell’organismo: sin qui la Roma ha incassato grazie all’Europa League 12,75 milioni di soli premi, a cui andrà aggiunta una bella fetta redistribuita in base al market pool (la quota spettante a ciascun Paese), che sarà consistente perché la Roma dai quarti in poi è stata l’unica italiana a correre nel torneo. (…)