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(25/09/2017) A.S. Roma

Gandini: E’ doveroso giocare per vincere il campionato. Lo Stadio della Roma? L’obiettivo è averlo per la stagione 2020-21 (Integrale)

Le parole di Umberto Gandini, ad dell’AS Roma.
 
Partenza sofferta ma positiva per Eusebio Di Francesco: “Assolutamente si, non sono d’accordo sulla partenza sofferta perché non l’abbiamo vista cosi. Noi abbiamo giocato una partita molto buona con l’Inter, il risultato non ci ha premiato ma la prestazione sicuramente era stata in linea con le aspettative. Abbiamo preso tre pali, vincevamo 1-0, ci sono stati degli episodi che avrebbero potuto cambiare la partita. Ma detto questo la cosa importante è che la squadra sia costruita bene, lavori bene; l’allenatore è assolutamente quello che ci aspettavamo, molto attento, molto dedicato al lavoro e ha portato sicuramente questa squadra ad esprimersi molto bene”.
 
Le polemiche a Roma non mancano mai. Il peggio è passato secondo lei in questo senso? “Non saprei onestamente, non ho una grandissima esperienza per esprimermi su questo. Dico solo che, come società, siamo sempre stati molto forti e quadrati intorno all’allenatore. Dall’inizio, da quando abbiamo scelto di lavorare con Eusebio, e durante tutto il periodo che ci ha portato fino adesso e non vedo motivi per cui non debba continuare così. L’ambiente è quello che c’è, tutte le grandi squadre hanno grandi pressioni, grandi aspettative. So benissimo che a Roma è diverso che da altre parti, a Roma c’è grandissima attenzione a quello che succede alla squadra, la squadra respira con la città e la città respira con la squadra, quindi è sicuramente un tema da tenere molto sotto controllo e con grandissima attenzione. Però credo che la struttura societaria e la parte sportiva con Monchi e Di Francesco siano assolutamente rodate e con le spalle larghe per poter proseguire questo percorso”.
 
Qual è la qualità migliore di Di Francesco. Ti senti di paragonarlo ad uno dei tanti allenatori vincenti visti al Milan? “Sul paragone dico che non sono in grado di farlo, anche perché credo che ognuno abbia le sue caratteristiche. Eusebio è assolutamente in questa categoria. Lui è una persona di grande spessore, ha grande personalità, ha un buonissimo dialogo con la squadra ma anche la capacità di tenere il polso fermo qualora fosse necessario. Maniacale nel lavoro, come giusto che sia, lavora moltissimo sulla parte fisica e il nostro gioco è un gioco molto dispendioso, come sappiamo, e quindi è necessario che la squadra sia ad alto livello come prestazioni fisiche e questo è un po’ anche il percorso che stiamo facendo. Ha la sua personalità, il suo carattere, è molto determinato e ci accomuna il forte desiderio di vincere”.

Il campionato è condizionato dal quarto posto? Il traguardo per voi è il primo o il quarto posto? “La domanda ha una sola risposta: noi giochiamo per fare il nostro meglio in assoluto e dopo essere arrivati secondi a quattro punti dalla Juve l’anno scorso, penso che sia doveroso giocare per vincere il campionato. E’ un percorso come sappiamo lunghissimo, sono passate solo sei giornate, per noi cinque, quindi abbiamo un distacco in classifica dovuto anche alla mancanza di una partita, ma l’obiettivo è sempre quello, fare meglio del possibile in tutte le competizioni e chiaramente non possiamo nasconderci: noi giochiamo per arrivare davanti agli altri”.
 
Come è iniziata questa carriera da dirigente di Totti? “Molto bene, direi che dopo aver superato un comprensibilissimo momento di difficoltà per capire un po’ come cambiava la sua vita, ora Francesco si è pienamente calato in questo ruolo ed è molto utile, vicino alla squadra, vicino ad Eusebio, vicino a De Sanctis come team manager e a tutti i suoi ex compagni che lo guardano come un mito e come un’ispirazione. Noi siamo molto contenti di lavorare con Francesco e ovviamente come l’anno scorso, come negli anni passati, questa volta faremo un compleanno diverso perché saremo a Baku in Azerbaigian, domani sera, e quindi cercheremo di festeggiarlo nel migliore dei modi. Il suo compleanno sarà molto social come è stato quello dell’anno scorso”.
 
A Baku bisogna conquistare i primi tre punti di questa Champions League: “Assolutamente si, è una partita importantissima, così come lo è stato il pareggio con l’Atletico, anche se avremmo voluto vincere, ma non sempre è possibile. Il Qarabag è una squadra particolare, arriva da un paese poco conosciuto, è un calcio che non ha frequentato da molto tempo, non ha frequentato recentemente palcoscenici. Hanno un’esperienza in Europa League, mi ricordo benissimo la difficoltà che affrontò l’Inter quando pareggiò a Baku, quindi noi sicuramente non sottovalutiamo l’avversario. E’ una partita importante, dall’altra parte c’è un Atletico-Chelsea che può dire tanto in questa prima parte del girone, quindi per noi è fondamentale vincere”. 

Il campionato di Serie A. Urge una riforma: quando il campionato a 18 squadre? “Questi sono temi che dibattiamo da tempo all’interno delle istituzioni e penso che come posizione nostra continueremo a farlo. Sono state giocate sei giornate ed è vero che da un po’ di anni a questa parte c’è una tendenza a vedere il campionato spaccato in tronconi. Ed è anche vero che il fattore sorpresa rispetto al passato è un po’ diminuito. Allo stesso tempo è un campionato che si è livellato forse verso l’alto, ci sono più squadre che lottano per i posti di vertice, quindi ogni domenica l’insidia è dietro l’angolo. Ci sono squadre che stanno facendo molto bene che, tradizionalmente, incominciano bene il campionato e fanno molti punti e poi si perdono durante la stagione, altre che partono malissimo e poi si raddrizzano in corso d’opera. E’ ancora molto lungo, io non credo che ci siano già adesso delle posizioni definite”. 
 
Se la Roma non riuscisse ad arrivare agli ottavi di Champions League sarebbe un fallimento o una delusione scivolare in Europa League? “Sono due parole che non mi piacciono particolarmente. Fallimento direi proprio di no. Abbiamo un percorso davanti e questo percorso prevede la Champions League, con l’obiettivo di qualificarci. Certo che partendo dalla terza fascia, in un sorteggio come quello della Champions che spesso è prevedibile, era normale pensare che avremmo avuto due squadre di altissimo livello davanti. E quindi questo è successo. Però sono squadre che giocano esattamente nello stesso modo in cui giochiamo noi. Il Chelsea campione in Inghilterra, noi secondi in Italia, l’Atletico terzo in Spagna. E’ sicuramente un girone di altissimo coefficiente di difficoltà e lo affrontiamo nel migliore dei modi. Dopodiché, se dopo le sei giornate non saremmo stati bravi a fare più punti di una o dell’altra, giocheremo l’Europa League e cercheremo di giocarla ovviamente per andare fino in fondo”.
 
La coppia Atletico Madrid-Chelsea sembra quella favorita: “Sulla carta è facile dirlo, poi le sorprese ci sono. Dipende moltissimo dagli scontri diretti. Dando per scontato, anche se nulla è scontato, che quasi tutti facciano punti con il Qarabag, poi evidentemente gli scontri diretti tra queste tre squadre determineranno chi passerà”.

Cosa ha portato di nuovo Monchi? “Monchi è arrivato nel finale di stagione, si è catapultato nella nuova realtà e ha avuto modo di lavorare con Spalletti e di accompagnarci verso la parte finale della stagione. Dopodiché è partita la sua squadra, il suo mercato. Quindi ha avuto da un lato la necessità di fare operazioni per rientrare, e le ha fatte direi molto bene, e dopodiché ha costruito una squadra che al momento, per tutta una serie di circostanze, infortuni in particolare, non abbiamo ancora visto completamente all’opera. Però ha una grande esperienza, è stato giocatore, ha lavorato per tantissimi anni in un club importante, che è diventato importante con lui, portando risultati sportivi ed economici e ha portato dei risultati importantissimi al Siviglia ed ora è qui ad affrontare una nuova sfida in una realtà che lui sa benissimo, come sapevo io quando sono arrivato, che è stimolante al massimo e che deve portare assolutamente a casa dei risultati”.
 
A che punto siamo con lo Stadio? Il presidente Pallotta non è un po’ seccato per questi ritardi? Questo temporeggiare per lo stadio che impressione dà all’estero? Gli investitori possono investire in Italia? “Mi sembra che la domanda dell’ascoltatore, che ringrazio, apra degli scenari molto più ampi. Non è soltanto un tema di investimento sullo stadio a Roma, quanto un tema di investimenti in Italia e della tranquillità e certezza di poter lavorare in ambienti ben regolamentati. La nostra storia è esattamente quella che purtroppo abbiamo tutti vissuto in un modo o nell’altro nel nostro Paese: ritardi, discussioni, applicazioni corrette e non corrette, revisioni, ecc… Noi siamo fiduciosi. Credo che in questa settimana aprirà la Conferenza dei Servizi che ha una durata massima di 90 giorni, noi non ci aspettiamo che serviranno 90 giorni, ci aspettiamo che con il progetto rivisto e tutto quello che abbiamo portato fino adesso si riesca ad avere un’autorizzazione per poi poter cominciare a lavorare nell’anno prossimo. Il Paese Stati Uniti è completamente diverso, lo stadio di Atlanta è uno dei tanti esempi dove l’investimento sia pubblico che soprattuto privato, ma comunque sostenuto dalle autorità locali, riesca ad avere risultati più immediati rispetto ai nostri. E’un percorso lungo ma sono fiducioso che ce la faremo”.
 
C’è qualche scadenza importante da sottolineare sulla vostra agenda per quanto riguarda lo Stadio? “No, dicevo la Conferenza dei Servizi che dovrebbe portare al parere definitivo di tutte le componenti politiche e locali sul tema, per poi affrontare la parte più importante: quella di cominciare a scavare, porre la prima pietra e andare verso la costruzione di quello che secondo me sarà bellissimo”.
 
Dalla prima pietra ci vorranno due anni più o meno? “Si, diciamo che l’obiettivo che noi abbiamo è la stagione 2020-21”.

Ti sorprende questa brutta partenza del Milan? Cosa pensi dell’ambiente del Milan? “Direi nulla, nel senso che ormai è un Milan completamente diverso da quello che ho vissuto io e quindi direi che non ho nessun commento da fare. Mi aspetto una partita molto difficile, questo si, chiaramente la reazione dopo una sconfitta come quella di ieri a Genova ci sarà sicuramente. La pressione su Montella e sulla squadra è già palpabile e quindi sarà per noi una partita difficile. Entrambi abbiamo la coppa, loro giocano in casa, noi andiamo a Baku e abbiamo un viaggio molto lungo, quindi l’avvicinamento non è sicuramente dei migliori. E per noi è una partita determinante per il prosieguo del campionato”.
 
Come giudica il VAR? “Credo che sia ottimo, nel senso che va verso un’evoluzione assolutamente improcrastinabile. Era troppo tempo che c’era una disparità clamorosa tra chi vedeva la partita con tutti i mezzi tecnologici che ci sono, diversi angoli, riprese, ecc., rispetto all’arbitro che non aveva la possibilità di rivedere una situazione dubbia. Credo che, come tutte le cose, le novità dividono, poi c’è Casarin (presente in studio ndr) che è più indicato di me per rispondere. Innanzitutto è stata accettata molto bene da quasi la totalità gli addetti ai lavori, soprattutto dai giocatori, e questo mi sembra positivo. Il secondo aspetto è che dobbiamo ancora imparare, uno, che è un test, due, che è un test che va fatto con le regole stabilite dall’IFAB e dalla FIFA, quindi non è un test che può essere interpretato o meno dall’AIA, dal designatore o altro, e che prevede determinati casi in cui questo può avvenire. Altri casi non sono previsti e sono quelli che hanno generato magari qualche volta un po’ di confusione. Ma direi che in linea generale è un ausilio molto importante”.
 
Ci sono parametri che cambiano con il VAR: i giocatori, che saranno più osservati, e gli arbitri. Vorrei capire la differenza tra le squadre che giocano in campionati dove si usa il VAR e quelle in cui non si usa e che si incontreranno in coppa: “E’ un punto molto importante quello che dice Paolo e lo leggevo stamattina. E’ la stessa cosa che è successa con gli ausiliari di porta, perché avevamo gli ausiliari di porta in Europa, non li avevamo in campionato e come società abbiamo insistito affinché avessimo la parità di trattamento proprio per abituare sia i giocatori dei club che quelli che andavano in Nazionale a lavorare su un ambiente diverso. Questo può essere il contrario, in effetti è una cosa molto acuta e va visionata perché il comportamento dei giocatori in Italia, sapendo di essere osservati, può essere cambiato. Chiaramente a livello internazionale non c’è questo test, non ci sono queste opportunità e si gioca come si giocava prima. Tra l’altro anche lì abbiamo ancora gli ausiliari di porta, quindi è un modo di gestire la partita diverso”.
 
Quando finirà questa necessità di dover cedere sempre due campioni a stagione per problemi di bilancio? “E’ quello che stiamo cercando di fare. Direi che tutti arrivano a vendere giocatori, non è più un’attività straordinaria ma è un’attività ordinaria di quasi tutti i club. Ci sono motivazioni diverse perché questo avviene, nel nostro caso è anche un po’ una ricostruzione sicuramente che ha dei risvolti finanziari ma anche un po’ finalizzata agli aspetti tecnici che possono essere sia del modo di giocare, sia dell’allenatore, sia del desiderio dei calciatori di voler fare esperienze diverse. C’è un po’ di tutto. E’ evidente che questo verrà limitato, annacquato, dalla crescita dei ricavi. La crescita dei ricavi è un tema generale, a parte la Juventus in Italia tutti siamo alla ricerca di nuove fonti di ricavi, che principalmente abbiamo identificato nello stadio, quindi sicuramente il volano stadio sarà un momento molto importante per noi. Non necessariamente dall’apertura in avanti ma anche all’inizio perché il fatto di avere un nuovo impianto in divenire, in costruzione, dà sicuramente maggiore credibilità al progetto”.
 
(FINE)

(Radio Anch’io Sport)

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