Jonathan Zebina, ex difensore della Roma che nel 2001 ha vinto lo Scudetto, ha rilasciato un'intervista ai microfoni de La Gazzetta dello Sport. Queste alcune delle sue dichiarazioni.
Anche oggi, come nella stagione 2000-2001, il clima a Roma è infuocato. Allora l'epilogo fu da sogno. Che ruolo giocò la contestazione dei tifosi in quell'annata? "La contestazione non è mai una cosa piacevole. Non lo è per nessuno: famiglia, giocatori, squadra, tifosi stessi. E' normale che i tifosi mettano passione e cuore nel loro modo di approcciarsi alla squadra, e quando è così è anche difficile mantenere il sangue freddo. In momenti di tensione spetta ai giocatori ritrovare la concentrazione e le motivazioni. E' capitato anche a noi nell'anno dello scudetto, ma i calciatori sono professionisti, devono fare un bilancio personale e lavorare su se stessi per ritrovarsi. Noi abbiamo fatto così e ne siamo usciti".
Tutta questa pressione è solo negativa? Il polverone che si è alzato a Roma incrementa le difficoltà della squadra o c’è una chiave positiva? "In Italia ho conosciuto anche l’ambiente bianconero e non c’è paragone. A Torino c’è una fiducia assoluta nei confronti della squadra e si vive tutto con grande calma. È una città che ti permette di lavorare serenamente, mentre a Roma la tensione calcistica si respira in tutta la città e si ripercuote su tutta la famiglia. Non puoi pensare ad altro. A Torino l’impatto dei tifosi è ridotto al minimo: anche quando ci sono state contestazioni, erano vissute molto più serenamente. A Roma sei pressato perché devi vincere ma poi se vinci l’aria resta tesa perché c ’è grande aspettativa, non capita mai di vivere una giornata tranquilla. Può sembrare uno svantaggio, ma poi quando vinci vale di più, è un’esperienza unica al mondo".
Voi ne siete usciti. Questa Roma come può fare altrettanto? "L’unico modo è lavorare sulla squadra, isolarsi dall'ambiente e chiudersi nel gruppo. Poi dipende anche dai caratteri dei vari giocatori: c’è chi si spaventa, chi si sente motivato, chi ha bisogno del contatto con tifosi e chi di isolarsi. Io non ho mai avuto paura, non mi hanno mai toccato personalmente le contestazioni dei tifosi perché ero io stesso il mio primo critico. La cosa importante è che i tifosi dimostrino affetto anche nella contestazione. Giusto mostrare il malcontento ma è necessario anche mettersi d’accordo per superare la crisi".