Jordan Veretout, calciatore dell'AS Roma, ha rilasciato un'intervista al quotidiano francese Le Parisien.
L'eventuale ripresa del campionato: "Prima di proiettarsi verso questa scadenza, aspettiamo il via libera delle autorità per iniziare le sedute collettive. Poi, ovviamente, vorremmo essere sicuri del campionato. Tutto dipenderà, ne sono ben consapevole, dall’evoluzione della curva di contagio del Coronavirus. È quindi difficile avere una data precisa. Ma nella vita quotidiana la mancanza di poter vedere tranquillamente gli altri è pesante e frustrante. Il presidente del sindacato dei giocatori italiani (Damiano Tommasi, ndr) ha chiesto che i giocatori abbiano almeno quattro settimane di allenamento completo nelle gambe prima della ripresa. Condivido questa opinione. A Roma, anche durante la quarantena, abbiamo comunque seguito un programma di allenamento basato soprattutto sulla corsa e sul rinforzo muscolare. Il club ci ha offerto le migliori condizioni di preparazione possibili. Lo stesso vale per gli altri club. Di conseguenza, un mese mi sembra sufficiente per non espormi al rischio di infortuni. La salute dei giocatori deve sempre prevalere".
Eventuali playoff: "Di questi tempi si sentono molte cose. Se viene scelta questa formula, perché no. A mio parere, la soluzione migliore sarebbe quella di andare fino in fondo alla competizione e di giocare le ultime 12 gare. Ci adatteremo. Abbiamo anche in testa l’Europa League con un doppio confronto contro il Siviglia. A causa della diffusione dell’epidemia non abbiamo potuto giocare e non siamo potuti andare in Spagna per l’ottavo di finale d’andata. Abbiamo preso la decisione più saggia".
Sbagliato far giocare Atalanta-Valencia con la presenza dei tifosi? "Assolutamente. Il virus potrebbe essersi diffuso rapidamente in Lombardia. È tutt’altro che un caso che la città di Bergamo si sia ritrovata nel cuore della pandemia con un drammatico numero di morti. È stata una follia permettere al pubblico di assistere a questo incontro".
La quarantena: "Non particolarmente per me. Per mia moglie, i miei figli. Chiamavo la mia famiglia in Francia ogni giorno. Dall’inizio del lockdown abbiamo spiegato ai più piccoli perché dovevamo stare a casa, perché fossi lì tutto il giorno. I primi tempi sono andati bene, disegnavamo, abbiamo organizzato una caccia al tesoro… Ma dopo due o tre settimane, è diventato più complicato il fatto di non poter uscire. La più grande mi ha persino detto: “Papà, c’è il mostro di fuori?”. E io gli ho risposto: “Sì, ma non possiamo vederlo, è una piccola bestia che sta nell’aria”. Qualche giorno fa, siamo riusciti ad andare un po’ davanti casa nostra per farle fare un giretto. Era come se fosse Natale per lei. Era radiosa".
Roma e la quarantena: "Roma è una città sempre affollata, vivace e felice. Durante questo periodo era quasi morta. Congelata. Sembrava un film catastrofico. Ora si sta riprendendo. Si vede già dal mio quartiere. Di solito c’è sempre rumore e vita. A marzo e aprile, quando ero in giardino con le mie figlie, c’era una sensazione di vuoto, di niente. Era strano, ma ci dovevamo convivere. Ora, c’è di nuovo movimento, le persone tornano a passeggiare. Sono felice persino di vedere ripassare le macchine. Fa bene al morale".
La nazionale francese: "La Nazionale rimane un obiettivo. È sempre presente nella mia testa. Ho già passato le preselezioni. Sono fortunato a giocare in uno dei più grandi club italiani. Devo continuare a fare bene per sperare di essere chiamato un giorno. C’è ancora molta strada da fare, ma perché no. Se dovessi essere convocato, sarebbe uno dei giorni più felici della mia vita da calciatore".