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Il Giornale

(20/04/2010)

Roma nasconde la guerra del derby

«Non succede ma se succede...». Tutta Roma sembra adottare la macumba nata dentro il circuito radiofonico per trasformarla in un antidoto contro invidia e gelosia, un’assicurazione sulla scaramanzia insomma. Perciò anche alla fine di un derby di capitale importanza, la festa giallo-rossa ha esondato fino a sommergere cautele di ogni tipo. Il ritorno a Trigoria del torpedone romanista è stato scortato dall’affetto dei soliti irriducibili del tifo romanista. A due posti di blocco improvvisati, han dovuto fermarsi arrendendosi senza mai scendere, lasciandosi soffocare da quell’abbraccio. Nel piazzale di Trigoria altra sosta, dinanzi a 500, forse anche mille tifosi arrivati fin laggiù dopo i due confetti di Vucinic, prima di rifugiarsi, tutti insieme, in un ristorante e di affrontare, a piccoli gruppi, la notte in una discoteca del centro storico.


«Non succede ma se succede...». Persino quel che è accaduto prima e dopo il derby, a Roma, incidenti, feriti, arresti, sequestro di un arsenale, viene trattata come materia appartenente a un altro pianeta. «Che non rovini la bellezza del derby» intervengono l’onorevole Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e il sindaco Alemanno, preoccupato che provvedimenti disciplinari possano finire sulla testa di Roma e Lazio, «bisogna perseguire i violenti, non le società» il suo appello accorato, «non deformare la fine del campionato», per carità, tutti garantisti, tutti interessati a non rompere la magia. L’unica coda velenosa a quel dopo derby triste e malinconico è nelle parole di Ledesma, purgate di un avventato giudizio sull’arbitro, e riferite appunto al comportamento di Totti. «Bisogna saper perdere ma anche saper vincere» la chiosa dell’argentino. R32;R32;Ecco cosa succede a Roma quando lo scudetto può essere a un passo, l’Inter staccata di un punto e tutta la passione sbarca persino nelle edicole, giornali che conquistano promettenti fette di lettori, per sondare gli eventuali sviluppi legati per esempio alla rissa finale, sul campo, maturata, dicono i laziali, per colpa del gesto di Totti alla sua curva (pollice verso a mo’ dei romani del Colosseo), per responsabilità di uno sgambetto di Radu (nei confronti di Perrotta) secondo i romanisti. Improbabile la squalifica su prova televisiva: non è applicabile, manca la violenza sfuggita all’arbitro. A far testo la relazione degli inviati della procura federale, semmai. «Forse è un vantaggio, così Totti gioca in coppa Italia e non “s’intruppa” con Toni» commenta un addetto ai lavori che non può certo figurare. La disposizione, altro provvedimento utile alla scaramanzia, prevede infatti che l’unico incaricato di parlare rimanga Claudio Ranieri, tutti gli altri, compreso Francesco che gode di un sito personalizzato, zitti e mosca.


Meglio rifugiarsi allora nell’entusiasmo misurato di Gianni Petrucci, presidente del Coni, che avanza deciso per definire l’ultimo torneo «il più bel campionato degli ultimi 10-15 anni». Magari è un pizzico esagerato che altri campionati, combattuti punto a punto fino alle ultime cadenze, meriterebbero la stessa dignità ma si sa che il gran capo dello sport tende a marcare il profilo del calcio sottratto al dominio per non dire dittatura neroazzurra. Piuttosto è sincero e meritato il voto assegnato a Tagliavento, l’arbitro del derby uscito tra lodi sperticate e riconoscimenti solenni. «É stato il migliore in campo, e voglio dire bravo a Nicchi e Collina: abbiamo una classe arbitrale rinnovata e competente» la frase di Petrucci che forse è il vero contributo anti-calciopoli del presidente del Coni, rimasto sotto copertura in questi giorni, invece di stroncare, come pensa davvero, quel disastroso interregno di Guido Rossi commissario della federcalcio nell’estate del 2006.


«Non succede ma se succede...». Forse è il caso di prepararsi a qualcosa d’altro. E allora il coinvolgimento di Sabrina Ferilli, madrina dell’ultimo scudetto romanista col bikini color oro al circo Massimo. «Se la Roma vince faccio anche il “da da umpa” assieme a Simona Ventura. Io ci metto i costumi, lei la coreaografia: tutte e due non siamo male».



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