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(24/06/2022) On Air

Stefano Borghi (DAZN) a Te la do io Tokyo: Douglas Luiz e De Paul sono due giocatori che possono incastrarsi bene per il calcio che abbiamo visto fare alla Roma quest’anno e per le dinamiche tattiche di Mourinho

Stefano Borghi, telecronista di DAZN, è intervenuto a Te la do io Tokyo, la trasmissione ideata e condotta da Mario Corsi, in onda sui 101.500 di Centro Suono Sport.

Il Mondiale in mezzo alla stagione può essere un’incognita per la vittoria finale del campionato? “Sì, indubbiamente è un’incognita grande che si inserisce in questa stagione. Veniamo già da una stagione particolare e complessa, perché i calendari sono stati pressati sul post Covid e adesso ne abbiamo una completamente inedita. Sono molto curioso di vedere come verrà gestita perché credo che in queste ultime stagioni gli allenatori, gli staff, i preparatori atletici sono stati particolarmente messi sotto esame per dover organizzare questi calendari, anche nel momento peggiore del Covid, poi gli allenamenti individuali… Adesso dover prevedere una preparazione estiva con poco tempo, molto forte perché bisognerà iniziare forte visto che ci saranno quattro giornate ad agosto, a mercato ancora aperto e questa cosa la ritengo una follia anche se pare che non se ne possa andare fuori. Si gioca tantissimo fino a metà novembre, poi inciderà parecchio anche la questione su quanti nazionali andranno via, perché il Mondiale toglie energie fisiche e mentali. E’ indubbiamente una stagione unica e imprevedibile”.
 
Se dovessi scegliere per la Roma di Mourinho uno tra Douglas Luiz e De Paul? “Sono due giocatori che possono incastrarsi bene per il calcio che abbiamo visto fare alla Roma quest’anno e per le dinamiche tattiche di Mourinho. C’è un vantaggio a favore di De Paul: conosce molto bene il calcio italiano, lo ha in qualche modo anche dominato perché ha chiuso la sua ultima stagione all’Udinese con 9 gol e 9 assist, mentre in Spagna ha trovato un contesto leggermente diverso. De Paul nel calcio di Mourinho sarebbe una mezzala a 360°, di intensità, di tecnica, di strappo, di leadership che darebbe un salto qualitativo sensibile. Douglas Luiz mi è sempre piaciuto molto, anche quando non era emerso fino in fondo, ha fatto un percorso in Premier League, ha conquistato una credibilità e uno spazio importante nella nazionale brasiliana, è anche lui di lotta e di governo e con una presenza fisica importante. Se dovessi decidere io De Paul in Italia lo riporterei volentieri”.
 
Il ruolo di De Paul nell’Argentina: “Dobbiamo uscire dai disegnini tattici perché non è più il calcio dei moduli fissi ma dei movimenti e delle interpretazioni. Scaloni ha permesso a De Paul di diventare il calciatore che è oggi. Lui ha fatto la prima grande trasformazione su De Paul mettendolo a fare la mezzala nel centrocampo a tre, la mezzala destra perché De Paul era un trequartista, prima ancora un esterno. Scaloni per primo in Nazionale, intorno alla Copa America 2019, si è inventato De Paul in quel ruolo. Lo ha portato a giocare sul suo piede, ad avere un ruolo determinante sia negli elastici, nel sostegno alla manovra, ma anche nel dover mettere intensità al servizio di una squadra con tanti giocatori offensivi. Sappiamo bene che giocatore è, dove va ad agire, ad incidere e come va a determinare. Nel calcio che abbiamo visto fare alla Roma quest’anno De Paul entrerebbe alla perfezione”.
 
Celik del Lille: “E’ un giocatore esperto, si adatta perché può giocare anche a sinistra. Se prendiamo il prototipo del laterale in casa Roma, e parlo di Spinazzola che non è solamente un cursore ma quasi un regista esterno, Celik ha un’attitudine un po’ più di equilibrio e conservativa. Ha meno propulsione in fase di spinta, è un terzino da difesa a quattro se vogliamo inquadrarlo in questo senso però è un giocatore esperto, adattabile, che ha corsa, intelligenza, che ha un buon bagaglio qualitativo. In una squadra che ha bisogno di aumentare, di maturare il livello di leadership e carattere in certi ruoli potrebbe essere un buon innesto”.
 
Meglio Celik o Karsdorp? “Karsdorp ha fatto cose importanti soprattutto dopo che si è liberato da certi pesi personali. Le ultime due stagioni  di Karsdorp sono state positive ed è un giocatore che, giocando con la difesa a tre, e tenendo tutta la fascia, da indubbiamente un bonus”.
 
Celik è più tecnico? “E’ un po’ più equilibrato Celik, ha anche un po’ più di mestiere in certe situazioni. Non so chi dei due sia meglio. Se si vuole giocare a tre Karsdorp trova il suo habitat naturale, se si gioca a quattro Celik è più indicato. Per la sua esperienza, per il suo know-how Celik potrebbe essere un giocatore anche da Mourinho”.
 
Guedes: “E’ un grandissimo talento. Il Psg lo aveva pagato molto e quando il Valencia lo ha avuto in prestito il primo anno si diceva che il vero numero 7 portoghese fosse lui e in Liga giocava Cristiano Ronaldo. Guedes è fortissimo. Ha attraversato un calvario per tre stagioni tra una caviglia curata male, tra problemi di pubalgia che lo ha limitato molto. Nell’ultima stagione l’ho visto tornare anche sui livelli di continuità apprezzabili all’interno di uno scenario molto complicato come quello del Valencia. Bisogna capire quanta continuità può offrire a livello fisico ma è clinicamente a posto ed è guarito, da quello che so io. Bisogna capire il livello di motivazione, perché è un giocatore anche abbastanza emotivo e un po’ umorale. Un trasferimento del genere penso possa dargli degli stimoli determinanti. Dal punto di vista della collocazione in campo può fare sia il sotto punta che l’esterno. Io l’ho sempre visto come un grandissimo esterno, da tridente per intenderci, da sinistra venendo verso l’interno però devo dire che le letture da seconda punta, sia nel club che in nazionale, hanno funzionato più volte. Dal punto di vista calcistico parliamo di un talento molto importante, soprattutto se hai una squadra, come è stata la Roma nell’ultima stagione, orientata alla verticalità e ai ribaltamenti. Guedes prende palla, strappa, salta l’uomo, incendia gli spazi, tira da fuori, si connette con una punta, potrebbe lavorare molto molto bene con Abraham. Calcisticamente è indiscutibile”.
 
Perché il suo rapporto con il gol è stato un rapporto complicato? “11 gol e 6 assist nell’ultima stagione, per lui che non è un attaccante puro e in una squadra come il Valencia che ha avuto tante difficoltà. Non è un bottino negativo, credo possa essere indicato come uno dei migliori della ultima stagione del Valencia. Il discorso è un po’ diverso per la Nazionale: non ha mai avuto i gradi del titolare indiscutibile e credo che il Portogallo ultimamente abbia anche mancato qualche obiettivo perché è una squadra dove tanti non riescono a replicare quello che fanno a livello di club, Ronaldo a parte. Il Portogallo soprattutto sulla trequarti, la zona dove gioca anche Guedes, va un po’ ad intristirsi, ad incastrarsi, a rallentare e allora lì lui non trova quegli spazi che diventano la sua arma preferita mentre nella Roma potrebbe avere questo tipo di scenari e di prospettive”.
 
Può giocare con Zaniolo? “Può giocare con Zaniolo, si può pensare ad una squadra con loro due a sostegno di Abraham. Sono totalmente integrabili e sostenibili. Un tridente Zaniolo, Guedes, Abraham sta assolutamente in piedi”.
 
In cosa è cambiato Abraham? “E’ andato avanti nel suo percorso di maturazione, ha aumentato il suo grado di personalità. Io ricordo il playoff di Championship tra il Derby County e l’Aston Villa, con Tomori che marcava Abraham. Su Abraham ero pronto a scommettere perché mi sembrava un giocatore da grandi scenari, anche quando era tornato al Chelsea dopo l’Aston Villa ero convinto che non  fosse un profilo da mollare. Di Tomori confesso non mi  ero reso conto che avesse questo livello di potenziale. Abraham ha avuto il grandissimo merito di credere in se stesso. Ha avuto il grande merito di non spaventarsi ma di puntare su se stesso. E’ un giocatore forte, completo, ha anche quella bella follia, spavalderia del centravanti, spaccone nel modo giusto. Sono un suo grande fan”.
 
Facciamo un gioco. Tu sei il presidente del Milan o della Juventus: Zaniolo lo compri o non lo compri? “Io sono innamorato del talento e ad un calciatore come Zaniolo io direi sempre di si. Per me, con Chiesa, rimane il più grande talento italiano di questa generazione. E’ molto giovane e quindi direi sempre di sì a costo di sbagliare”.
 
Bremer può valere uno Skriniar? “Non ci sono tantissimi difensori come Skriniar oggi in Europa. Stiamo assistendo al ribaltamento delle logiche di mercato dove gli attaccanti sono occasioni, spesso a zero, e i  difensori costano decine di milioni, perché ce ne sono pochi. Skriniar è uno dei profili  di più alto livello. Questo se parliamo di oggi, se parliamo invece della necessità di costruire un futuro restando aggrappati al presente Bremer credo sia stato non solo la più grande rivelazione nel ruolo della Serie A ma uno dei migliori difensori in assoluto. Lo dicono le statistiche: ha annullato praticamente tutti i centravanti che ha incrociato. Per me l’investimento su Bremer per me vale, ha attitudini particolari, ha molta voglia, grande professionalità. Quando è arrivato in Italia era molto grezzo e bisogna dare merito a Mazzarri che è stato il primo a plasmare questo giocatore. Non sono d’accordissimo che Bremer possa fare solo  il centrale in una difesa a tre ma credo possa avere per fare anche il centrale di destra in una difesa a tre perché è bravo a portare palla e sganciarsi. Può diventare anche un difensore da difesa a quattro”.
 
Come ha fatto l’Italia a farsi scappare Romero del Tottenham? “Il discorso è quello di bilanci che si fondano su necessità appunto finanziario-economiche più che tecniche. Ha fatto un salto notevole Romero quando è andato all’Atalanta. Io me lo ricordavo al Genoa, dove era troppo aggressivo. Ricordo un suo intervento durante un Genoa-Verona su Pessina che si fece male in quell’occasione, un intervento ai limiti… Poi Gasperini gli ha dato gli orizzonti che tutti pensavano potesse avere. C’è anche una componente di fortuna nella misura in cui ti ritrovi nell’epoca giusta. Romero è un difensore per certi versi vecchio stampo e ora stiamo tornando un po’ all’idea vecchio stampo della difesa. Lui è uno sceriffo vero e proprio e in questa epoca si va a caccia di questi calciatori. Lui sta sfruttando quest’onda, tra l’altro lavora con Conte che migliora tutti”.
 
Ndicka e Vitinha: “Vitinha è sublime, è un ritmista del centrocampo come pochi. E’ destinato a diventare un  centrocampista di riferimento del prossimo decennio perché, nonostante la giovane età, riescono a far diventare il ritmo della partita il  loro ritmo. Cioè la partita va al battito di Vitinha che poi ha tecnica, visione e movimento. Io impazzisco per lui e scommetterei ad occhi chiusi. Ndicka è un difensore che avevo apprezzato e che ho  definitivamente bollato come ottimo giocatore. E’ ancora molto giovane e deve imparare a gestirsi perché parliamo di un colosso, a volte aggressivo, che va sull’uomo. E’ uno di quelli che, quando il tifoso lo vede allo stadio, è un imperatore, uno che ti arriva addosso riconquistando palla, si sgancia… E’ come il primo Rudiger? Forse sì. In questo calcio  della difesa a tre, con degli spazi da coprire,  la necessità di sganciarsi e usare il piede... lui è un sinistro non da poco. Ndicka ha tutte le caratteristiche. Il calcio tedesco ha tantissimi motivi per il quale essere visto, giocatori, modo di giocare, allenatori… E’ un calcio di alto livello. Secondo me parliamo del più grande terreno di avanguardia tattica e di sperimentazione che ci sia al mondo”.
 
Cristiano Ronaldo: “Lo prenderei certo… Lui e Messi? E’ solo una questione di gusto, parliamo del top assoluto della storia del calcio. Per Cristiano Ronaldo ho un’ammirazione che sconfina nell’innamoramento ma Messi mi dà la magia, mi porta sul  sovrannaturale. A mio gusto è così. Non amo fare paragoni ma sono arrivato alla conclusione che ci sono i Magnifici 7 della storia del calcio, i 7 giocatori del dopoguerra: Di Stefano, Pelé, Crujiff, Maradona, Cristiano Ronaldo, Messi e Ronaldo il Fenomeno”.
 

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