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Corriere dello Sport

(10/09/2025)

Roma, la rivoluzione dei Friedkin: i cinque punti per dare la svolta al futuro

Se è vero che tutte le strade portano a Roma, quelle scelte dai Friedkin appaiono forse un tantino tortuose. Eppure non sembra esserci altra via per costruire una società che non si accontenti di qualche trofeo spot, che sia più sostenibile e capace di incrementare i ricavi indipendentemente dai risultati sportivi; ma anche che guardi al futuro grazie al serbatoio del settore giovanile, lasciando partire il campione di turno senza il timore di non poterlo poi sostituire. Le parole pronciate lunedì da Claudio Ranieri hanno richiamato ancora una volta il concetto del sacrificio, poco gradito ai tifosi però necessario.
 
Non saranno tutte rose e fiori, il messaggio (in sintesi) del senior advisor. Avere i conti in regola, rispettare i paletti Uefa, vendere, tagliare gli stipendi fuori budget e, al tempo stesso, competere sul campo con ambizione non è solo possibile, ma addirittura auspicabile secondo la proprietà. Dopo 5 anni – un lustro di soddisfazioni con qualche sofferenza – Dan Friedkin, che in un anno ha visto lievitare il patrimonio personale del 77% raggiungendo 6,4 miliardi di dollari, sente il bisogno di una svolta. (...)
 
Sono passati 2.380 giorni dall’ultima volta in cui i romanisti hanno sentito la musichetta della Champions. Da quel contestatissimo Porto-Roma del 6 marzo 2019, i giallorossi hanno condotto almeno altre quattro gloriose campagne europee, senza però calpestare mai il palcoscenico della competizione regina. Tornare in Champions è l’obiettivo principale della Roma. Calciatori e dirigenti ne parlano spesso, gli allenatori che possono valutare nel quotidiano la forza delle proprie rose un po’ meno. Gasperini, a inizio agosto e con il mercato ancora in corso, aveva lanciato ad esempio un grido d’allarme: «La nostra competitività dipenderà da ciò che riusciremo a fare in attacco», disse. (...)
 
Arrivare al 4° posto sarà dura, eppure a Trigoria sono convinti di avere delle chance. Una passeggiatina nel salotto buono di Ceferin vale almeno 40 milioni tra partecipazione, bonus risultati e altri ricavi. Il Bologna, fuori dopo la prima fase ma debuttante e quindi con un ranking basso, nella passata edizione è arrivato a 35. Milan e Juve, arrivando ai playoff, hanno sfondato il tetto dei 60. Qualificarsi per la grande coppa significa accedere a una miniera d’oro. Come lo sarebbe, dopotutto, conquistare l’Europa League. Con la finale del 2023 la Roma incassò 31 milioni. Il Manchester United, finalista perdente della passata edizione, grazie ai premi moltiplicati della nuova formula ne ha portati a casa 45.
 
Firmando il settlement agreement, la Roma si è impegnata con l’Uefa a registrare un deficit massimo di 60 milioni a fine 2026. Visti i 185 milioni di perdite nel 2020-21 e i 219 nel 2021-22, (…). Per invertire il trend, il club ha così avviato da tempo un progressivo abbattimento del monte ingaggi, che alla fine della passata stagione risulta essere stato tagliato di 20 milioni rispetto al 2023-24. A conti fatti, dopo questo mercato, l’asticella dovrebbe essere un tantino risalita. Ragionando nell’ottica dell’anno solare, però, qualche altro ingaggio potrebbe essere spalmato (...) o tagliato, come nel caso di Pellegrini che impatta per 10 milioni lordi sul totale degli emolumenti.
 
I Friedkin hanno comunque preteso e ottenuto un cambio di rotta: alla fine del 2020-21 la Roma ha pagato 115 milioni di stipendi, nell’ultima stagione si è fermata a 89. L’uscita, anno dopo anno, di ingaggi importanti per over 30 come Nzonzi, Pastore, Pedro, Smalling, Lukaku, Matic e Mkhitaryan ha aiutato, così come gli ingressi di giovani che percepiscono cifre più contenute, vedi El Aynaoui (1,5 netti l’anno), Ferguson (1,7) e Wesley (quasi 2). A proposito di paletti: d’ora in avanti, chi partecipa alle competizioni Uefa non potrà destinare più del 70% dei ricavi (...) a stipendi, ammortamenti e commissioni.
 
Quando si tratta l’argomento ricavi non si può non partire dal tema tanto caro alla Roma e ai romanisti: lo stadio. Quindi il progetto Pietralata, quindi la costruzione di un impianto che triplicherà gli introiti del club giallorosso. Basti pensare allo Stadium che ha fatto le fortune della Juventus: negli ultimi quattordici anni i bianconeri hanno incassato poco più di 800 milioni tra partite ed eventi extra-calcistici, e ora hanno l’obiettivo di raggiungere i 100 milioni l’anno di ricavi. (...)
 
Archiviata la problematica del bosco nell’area di Pietralata, una volta terminati gli scavi archeologici, il club potrà finalmente consegnare il progetto definitivo al comune per riavviare il lungo iter burocratico che dovrebbe portare (e la Roma ancora lo conferma) a giocare nel nuovo impianto una partita nella stagione 2027-2028, quella del centenario. Il tempo stringe, così come per riuscire a siglare un accordo stagionale per il main sponsor. Prima arriva e prima la Roma potrà incassare una corposa cifra già in questa stagione, così da poter inserire a bilancio entro il 30 giugno il numero più alto possibile di ricavi. Da “Riyadh Season” il club aveva raccolto la bellezza di 25 milioni in due anni, (...).
 
Ranieri è stato chiaro analizzando la situazione della Roma, stretta nella morsa del fair play finanziario. Per riuscire a chiudere positivamente il settlement agreement stipulato con l’Uefa nel 2022, la Roma avrà bisogno di risultati sportivi e/o di aumentare i ricavi con il player trading: «Dovremo stare in regola con i conti. Vediamo come andrà il campionato e che percorso faremo in Europa League. Sono tutte entrate che porteranno dei valori aggiunti. Poi, al limite, ci sarà da vendere qualcuno perché non possiamo permetterci di prendere il cartellino rosso dalla Uefa. Lo scenario è questo: se benauguratamente arrivassimo in Champions, con il cartellino rosso non la potremmo disputare. Dobbiamo tenere i conti veramente a posto».
 
La dura verità del senior advisor Ranieri per i tifosi è paragonabile a un sasso lanciato violentemente contro uno specchio. Il primo sacrificato sull’altare delle plusvalenze sarebbe naturalmente Koné, pagato un anno fa 18 milioni e potenzialmente rivendibile entro il 30 giugno per una cinquantina. Maxi-plusvalenza e arrivederci e grazie. Lo stesso N’Dicka, se trovasse un club disposto a pagare i 4 milioni netti di ingaggio, garantirebbe un ricavo totale. Tutto sta poi nel sostituirli al meglio, per costruire una Roma più forte, trovando nuovi Koné (...).
 
Occhi puntati sui nuovi Yamal, Estevao e Arda Guler sparsi in giro per il mondo. E perché no, anche sui nuovi Pisilli che possono sbocciare nel settore giovanile. La Roma ha bisogno dell’home made, del fatto in casa, di quei giocatori a costo zero (o minimo) che nel giro di qualche anno poi possano fare la fortuna della prima squadra (e di chi li ha scoperti). Il settore scouting nell’ultimo decennio non ha regalato grandi soddisfazioni alla Roma dei grandi: (...).
 
Lo stesso settore giovanile negli ultimi anni ha portato in prima squadra Bove (ceduto in prestito con riscatto alla Fiorentina, prima del malore), Zalewski (anche lui venduto) e Pisilli. Tanti giovani hanno lasciato la Roma per qualche milione, non ritenuti all’altezza della prima squadra. I baby Mannini e Reale sono stati mandati in prestito alla Juve Stabia, in giallorosso sono arrivati Paratici e Arena, due attaccanti promettenti. (...)


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