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(30/11/2024) A.S. Roma

Ranieri in conferenza stampa: A Pellegrini ho detto di staccare la corrente e resettarsi. A Dovbyk dobbiamo dare le palle adatte

Dopo il pareggio di Londra contro il Tottenham in Europa League, la Roma tornerà in campo lunedì alle 20:45 per affrontare l'Atalanta allo stadio Olimpico, nella gara che chiuderà il programma della 14a giornata di Serie A. Oggi Claudio Ranieri è intervenuto in conferenza stampa per presentare la gara contro i nerazzurri. Ecco le parole del tecnico giallorosso, riportate dal sito del club.

Contro l’Atalanta rivedremo quella tipologia di squadra in campo? Con la difesa a tre e anche due attaccanti di ruolo dietro a Dovbyk? O metterà un centrocampista in più?
"Sicuramente, l’uno o l’altro... Io credo che dobbiamo parlare dell’Atalanta. Ho detto già in un meeting a Parma con Sacchi e Capello, dissi che l’Atalanta è l’orgoglio di noi italiani, gioca in una maniera meravigliosa. Credo che affrontiamo la terza squadra con quella filosofia, di attaccare sempre, andare in verticale. Il Napoli con Conte è all’inizio, al quarto mese della sua gestione. Il Tottenham, pur con un sistema differente, ha quella mentalità di attaccare sempre. L’Atalanta è quella macchina perfetta, complimenti al presidente Percassi. Nei primi quattro anni diceva “ci dobbiamo salvare”, ma intanto scalava sempre di più la classifica. E adesso giustamente cercano di fare il massimo. Ovvero, tornare in Champions League anche il prossimo anno, migliorare il campionato passato. Andiamo ad affrontare una squadra oserei dire perfetta, anche se la perfezione non esiste. E noi abbiamo visto un barlume, un barlume di luce. Ho rivisto giocatori volere intensamente un qualcosa di positivo. Io credo che in questo momento dobbiamo rendere i nostri tifosi orgogliosi di quello che riusciamo a fare. Non stiamo bene come io vorrei, perché non è possibile dopo una settimana, dieci giorni di lavoro, non è possibile avere tutto e subito. Però, ecco, le note negative che c’erano state a Napoli, al di là degli errori che si commettono, avevo detto loro “io non vi ho chiesto di stare in difesa, ma di ribattere colpo su colpo”. Hanno capito, hanno recepito e contro il Tottenham lo hanno fatto. È vero, potevamo prendere gol in due o tre contropiedi, e dobbiamo migliorare le preventive, non ci piove, però abbiamo fatto bene. Ci hanno annullato tre gol, tirato in porta spesso. Questo a me piace, rendere i tifosi orgogliosi di quello che facciamo. Poi, in questo momento possiamo vincere o perdere, ma dobbiamo avere questa visione. Andiamo ad affrontare una squadra che, dal 24 settembre – giorno in cui ha perso contro il Como – ha fatto 10 vinte e 2 pari, segnando 35 gol, quasi tre di media a partita. Ragazzi, è tanto. È prima per gol fatti, è prima per occasioni da gol, è terza nelle verticalizzazioni, è prima nei tiri in porta, seconda nei cross, prima nei recuperi palla. Ti mangia. Ecco, io non voglio vedere i miei giocatori che vengano mangiati. Io voglio vedere lunedì una gran bella partita. Questo mi auguro e stimolerò i giocatori a fare. Nell’ultima partita in casa i nostri tifosi sono andati via prima, ecco io vorrei che restassero come sono rimasti a Londra come il Tottenham. Poi, potevamo anche aver perso e non aver fatto il gol al novantesimo o quando l’abbiamo fatto. Vorrei che escano dallo stadio consapevoli di aver visto i giocatori fare il massimo, questo è il mio augurio. Al di là del sistema di gioco, lo dico tante volte, potete metterlo sulla carta, come faccio spesso anche io, però è mobile. È questa la cosa più importante. Mi sono dilungato, ma ci ho tenuto a spiegare".
 
Dopo la gara di Londra i tifosi hanno ritrovato spirito e si sono rivisti in quella squadra, quanto è importante questo? Che loro risentano la loro identità?
"È importantissimo. Ho già detto ai giocatori che sta a loro far innamorare di nuovo i nostri tifosi, perché loro sono magnifici. E, giustamente quando le cose non vanno bene dicono alcune cose che vanno fatte. Per cui noi dobbiamo dare il massimo. E i nostri tifosi lo capiscono se tu dai il massimo o non lo dai".

Ha recuperato un giocatore polivalente come Saelemaekers: qual è, a suo avviso, la posizione migliore per schierare il belga? E quanto è importante avere un giocatore tanto duttile?
"Noi allenatori andiamo sempre alla ricerca di quei giocatori che sappiano interpretare più situazioni. Io ho parlato con lui, lui ama molto stare alto sul centrosinistra, ma allo stesso modo può stare anche sull’altra fascia. Io lo vedo proiettato in avanti, ma che poi deve aiutare la squadra in fase difensiva. Io a Dovbyk ho detto di non tornare mai indietro, però ha fatto un recupero strepitoso nel secondo tempo. Lui si è ritrovato ad anticipare l’ultimo uomo che era andato in contropiede. Se lo fa una volta, mi piace, ma non deve correre sempre dietro all’avversario. Saelemaekers è un giocatore ritrovato, non ha i 90 minuti, ma si è visto con che piglio è andato sempre nell’uno contro uno. Ha dato il passaggio chiave ad Angelino, stiamo ritornando quelli che i tifosi conoscono".

Ha parlato dell’Atalanta e della sua evoluzione, è questo il tipo di progetto che deve fare la Roma? È un modello Atalanta quello che deve seguire la Roma per ripartire i prossimi anni? Lo chiedo a lei anche in veste da dirigente, pure nella scelta del prossimo allenatore. Secondo lei, serve un profilo alla Gasperini?
"Questa domanda è stata un pochettino… Finché dice modello Atalanta mi è piaciuto. Noi ci rapportiamo sempre a quello che è la nostra visione. Adesso tutti i tennisti vogliono sembrare Sinner. E tutti nel calcio dicono di dover fare come l’Atalanta. L’Atalanta è un modello, di vertice, che va preso anche come modello, perché no. Ognuno con le sue caratteristiche o difficoltà. Comunque, una squadra che piano piano è diventata un emblema dell’Italia. Quando vedo le coppe, mi auguro che le nostre squadre vadano sempre avanti, non solo l’Atalanta. Questo è importante. È un modello che hanno saputo creare, hanno costruito dalla base. Se non ricordo male anche Gasperini nelle prime 5-6 partite non era andato bene. Poi però ha creato, la squadra è sbocciata, ha macinato gioco, giocatori che altrove non hanno reso quanto all’Atalanta e questo significa che l’allenatore ha avuto un gran merito in tutto questo. Bisogna levarsi il cappello e fare i complimenti a tutta la società. Dal padre Percassi, al figlio che è stato un mio giocatore nel Chelsea, all’allenatore, a tutti quanti loro che stanno remando in un’unica direzione".
 
Ma c’è una base per creare un modello del genere?
"Beh, abbiamo dei giocatori che sicuramente ora stiamo cercando di riportare alla loro bellezza, poi sarà l’allenatore a dirci questo sì, questo no. E faremo tutto il possibile per cercare di accontentarlo. C’è una cosa che dicono spesso gli inglesi, Roma non è stata fatta in un giorno. Noi siamo Roma, romani, dateci un po’ più di tempo...".
 
Lei è tanto diverso da Gasperini come allenatore? E, le chiedo, secondo lei avrebbe meritato di vincere in più in carriera?
"Gasperini, intende?".
 
No, dico entrambi.
"Io parlo di Gasperini. Sì, sicuramente. Personalmente, ho fatto il mio, sono super contento. Ognuno di noi sa quando è arrivato in una squadra, cosa ha trovato, il momento storico di quella società, per cui io sono super soddisfatto della mia carriera. Quanto alla diversità tra me e lui, in che senso siamo diversi? Intende perché io sto sempre calmo in panchina? È perché non mi vedete negli spogliatoi...".
 
Sul modo di attaccare, Gasperini è visto come un allenatore che gioca sempre uomo contro uomo.  
"Ormai sono tanti i figli di Gasperini che giocano in quella maniera. Io sono un allenatore che cerca di fare il meglio con i giocatori che ha a disposizione. Non ho un sistema definito, definiti sono i miei giocatori. Io cerco di metterli quasi tutti nel loro posto migliore. Certo, a qualcuno devo chiedere un extra lavoro perché non è proprio la sua posizione. Mi sento un allenatore che riesce a tirare fuori il meglio da ogni giocatore. Anche perché in ogni posto in cui sono andato via, non è che i miei successori hanno fatto meglio di me. Ho questa presunzione a 73 anni".
 
Volevo chiederle della gestione di Dybala e Pellegrini. L’argentino potremmo vederlo gestito magari non per tutti i novanta minuti? Il capitano, invece, lo sta aiutando più dal punto di vista mentale o cos’altro?
"Dybala lo valuto allenamento dopo allenamento. Sappiamo che il ragazzo può cadere in alcune problematiche e io devo essere pronto a prevenire queste problematiche. L’ho fatto uscire a Londra perché avevo bisogno di un altro giocatore che mi pressasse e chiudesse l’avversario più nella sua area di rigore. Non ho nulla in contrario a dire che quando si è acceso ha fatto cose meravigliose tipo l’assist di El Shaarawy per il gol, la palla che ha avuto e il tiro fatto parato in modo straordinario dal portiere. Non ha fatto quelle cose splendide che sa fare in questo momento, ma mi ha dato tanta corsa, pressione, per cui devo valutare bene ogni volta.
Su Lorenzo gli ho detto: "Guarda, tu stai correndo come un pazzo. Senti il peso di questa situazione. Voglio che tu ti diverta. Dunque, adesso stacchiamo la corrente, ti resetti e vedrai che più avanti tornerai il centrocampista che conosco". Io ho avuto due fenomeni nella mia carriera di centrocampisti, a far gol. Uno Lampard e l’altro Pellegrini. Lo critichiamo tanto, ma quanti centrocampisti fanno i gol che fa Pellegrini? Per cui, in questo momento, io aiuto la Roma. Il mio lavoro è aiutare la Roma. Aiutando la Roma ho detto chiaramente a Lorenzo: "Lorenzo, questo è il mio programma"".

E quando pensa che possa tornare?
"Dipende quando riattacchiamo la spina… Con il calcio non si può dire quanto dura questa cosa. Vi posso dire che negli allenamenti già comincia a far gol, a trovare la porta rispetto a quando sono arrivato. Non lo so quanto dura. L’attaccante lo vedi quando sta in forma: quando tira, prende sempre la porta. Quando non sta in forma, tira fuori. Ora lui quando tira prende sempre la porta, fa gol. Sta iniziando quel processo di ricrescita di cui ha bisogno il ragazzo. È un ragazzo molto sensibile, molto introverso e soffre più di tutti per la situazione. Ho letto da qualche parte che avrebbe responsabilità per l’esonero di De Rossi. Non è vero nulla. Niente di niente. Questo i tifosi lo devono sapere. Né Mancini, né Cristante, né Pellegrini hanno mandato via Daniele. Anzi, hanno fatto i pazzi per farlo restare. Bisogna che la gente sappia la verità".
 
A proposito di gol, Dovbyk ha segnato una rete nelle ultime otto. È più un problema fisico o un problema di collettivo che lo supporta poco?
"Tutte e due. Ha avuto quei piccoli problemi in Ucraina, un problema al ginocchio che ora non avverte più. Sappiamo come va servito questo ragazzo e non lo stiamo aiutando. Ho parlato alla squadra, ho fatto vedere dei filmati e dobbiamo aiutarlo perché lui è il nostro bomber. Non dobbiamo caricarlo di responsabilità, ma gli vanno date le palle che quel tipo di attaccante necessita".

Si sono viste meno palle giocate indietro dalla squadra. Lei ha lavorato su questo punto?
"Rido perché li costringo a giocare solo in avanti. Io sono tifoso del calcio, lasciamo stare della Roma. Amo quando le due squadre provano a farsi gol, io sono contento. In questi quattro mesi – non parlo della Roma – quando vedevo una partita palla dietro, palla al portiere, cambiavo canale. Spegnevo o mettevo un film perché non mi volevo addormentare. Io da bambino giocavo a basket, trenta secondi dovevi fare canestro, mettere la palla dentro, non c’erano discorsi. La partita dell’altra sera a Londra è stata bellissima perché noi volevamo fare gol, loro ci volevano fare gol, io credo che la gente si sia divertita. Poteva finire 5-5, 5-2 per loro o per noi, però questo è quello che io voglio. Che la gente venga a vedere la partita e dica: "Finalmente proviamo a vincere". Scusate se mi dilungo: nel 1997 quando andai ad allenare in Spagna a Valencia, alla fine del primo allenamento fermai la squadra e dissi loro: "Oh, la porta avversaria sta dall’altra parte. Quando ci arriviamo?". E ancora non si parlava di tiki taka. C’era un allenatore, Valdano, grande conoscitore di calcio che amava questo tipo di gioco. Ma la porta avversaria stava lontana, andiamo dritti verso la porta. Ho lavorato su questa squadra, cambiando anche delle pedine, e quando sono andato via io con Cuper è arrivata due volte in finale di Champions League. Con quasi tutti i ragazzini, bimbi, che io avevo messo in campo. I vari Mendieta, Farinos, Claudio Lopez, con alcuni esperti come Angloma, Carboni e altri. E ci siamo divertiti. Quindi, penso che serva un mix di esperienza e gioventù che ti porti a far divertire i tifosi. I tifosi pagano il biglietto. Noi siamo italiani, quando c’è qualcuno che vince ci piace. Tipo il tennis con Sinner. Noi italiani non siamo così, siamo vincenti".
 
A dicembre giocherete più all’Olimpico che in trasferta. Quanto è importante in questa sua fase affrontare più partite in casa che fuori?
"Nella mia carriera, da giocatore o da allenatore, non ho mai visto il nome dell’avversario. Perché puoi affrontare una squadra fortissima, ma non trovarla nel miglior momento. Io dico sempre: "Bussiamo e vediamo chi abbiamo dall’altra parte". Non mi è mai interessato il nome. Sono tutte squadre che ti vogliono battere con le loro qualità, le loro strategie, dovremo essere bravi e furbi per cercare di vincere. Il calcio è semplicità, la cosa difficile è farlo semplice".
 
(asroma.com)

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